Decreti scritti male e pensati peggio, rispetto della legge comunitaria e della Costituzione, difesa unanime dell’indipendenza della magistratura e dell’operato della giudice di Catania Iolanda Apostolico, accusata duramente dalla premier Meloni per aver disapplicato il decreto Cutro del 10 marzo. Al netto di differenze minime e sfumature più accentuate, alcuni dei più noti costituzionalisti italiani sono dalla parte della giudice nel merito e contro Giorgia Meloni nel metodo. Per averne conferma basta leggere le loro analisi sulle pagine dei giornali di oggi.

Alfonso Celotto (Roma Tre) a Repubblica: “L’esecutivo decide, i giudici giudicano. Altrimenti si torna all’ancien régime” – Alfonso Celotto, costituzionalista dell’Università Roma Tre, non può essere definito una toga rossa: fino a gennaio, del resto, era capo di gabinetto della ministra delle Riforme Maria Alberta Casellati. Anche per questo motivo, il suo parere sull’operato della giudice Iolanda Apostolico e sulla reazione di Giorgia Meloni ha un peso specifico non indifferente. E il professore non le manda di certo a dire nella sua intervista a Repubblica: “In uno Stato di diritto un presidente del Consiglio non può assolutamente entrare nei contenuti giuridici di una sentenza”. Dichiarandosi stupito dalla durezza delle parole di Giorgia Meloni, Celotto sottolinea che “per un governo democraticamente eletto l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati sono una ricchezza perché la democrazia è basata sul pluralismo delle idee, sulla garanzia della divisione dei poteri, e quindi qualsiasi decisione di qualsiasi organo deve sempre poter essere impugnata e valutata davanti a un giudice”. Il professore non entra nel merito della decisione della giudice di Catania per un motivo molto semplice: “Se dovesse essere sbagliata, e può esserlo, ci saranno l’Appello e la Cassazione per valutarla in piena legittimità”. Alla domanda sulla difesa a oltranza del Dl Cutro da parte della premier, Celotto sottolinea che “la democrazia si nutre della divisione dei poteri. L’esecutivo decide, i giudici giudicano. Altrimenti si torna all’ancien régime o a Carlo Magno che oltre a essere imperatore era anche giudice supremo”. A chi chiede punizioni ed espulsioni dalla magistratura, il costituzionalista risponde in maniera netta: “Un magistrato può non applicare una legge se contrasta con il diritto della Ue, come in questo caso, oppure può mandarla alla Consulta se ha dubbi di costituzionalità. La responsabilità disciplinare delle toghe ha le sue regole e le sue procedure sia ministeriali che al Csm”. E il decreto Cutro: promosso o bocciato? “Il tema dell’immigrazione è molto complesso e articolato perché coinvolge la sovranità di altri stati, i diritti umani, e la coesione dell’Unione europea. Questo ennesimo decreto cerca di affrontare il problema dell’ingresso senza considerare l’inclusione che è decisiva per una buona gestione dei migranti“.

Fulco Lanchester (Sapienza) al Corriere: “La giudice ha applicato le norme. Il problema è che quei decreti sono scritti male” – Per Fulco Lanchester, professore emerito di Diritto costituzionale italiano e comparato a La Sapienza, non ci sono dubbi: Iolanda Apostolico ha fatto bene il suo dovere. “Ha applicato le norme. Il problema è che quei decreti non sono scritti bene” dice Lanchester, secondo cui le leggi in questione “violano la Costituzione“. Nella sua intervista al Corriere della Sera, poi, il professore entra nel merito: “All’articolo 10 perché la mera provenienza da un paese sicuro non può automaticamente escludere dalla richiesta di asilo, come prevede il decreto Cutro – spiega – E all’articolo 13, perché la libertà personale è inviolabile e la Costituzione non ammette alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Il permanere di uno stato di emergenza sulla questione migranti per Lanchester costituisce un pericolo serio, perché “prefigura il pericolo dell’avvento di uno Stato amministrativo, in cui potere legislativo e giurisdizione vengono emarginati a favore dell’amministrazione pilotata dall’esecutivo, dove la discrezionalità diviene arbitrio”. Il professore, poi, dice la sua anche sull’operato della giudice, accusata di aver preso una decisione politica: “Il magistrato ha fatto il suo mestiere – assicura Lanchester – Il ministero ha già fatto ricorso e sarà l’istanza giurisdizionale superiore che ora deciderà. Ciò che trovo più grave è, però, attaccare l’ordine giudiziario come fosse un nemico”. A sentire il costituzionalista l’unica via di uscita è “un adeguamento normativo, previo accordo europeo” e previa valutazione della Consulta. “Il problema è, però, che siamo oramai in una perenne campagna elettorale – conclude Lanchester – e su questo tema ci sono contrapposizioni interne al governo, all’opposizione e allo stesso mondo cattolico“.

Cesare Mirabelli (ex presidente emerito Consulta) all’Ansa: “Trovare strumenti diversi dalle espulsioni e dai respingimenti” – L’ex presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli cerca di buttare acqua sul fuoco nella sua conversazione con l’Ansa: “Non enfatizzerei troppo il tema del contrasto tra politica e magistratura, perché finora si tratta di una decisione sola su un singolo caso. Ed inoltre – aggiunge – stiamo parlando di norme comprese in un decreto legge il cui iter parlamentare è ancora aperto e in attesa di essere convertito in legge”. Per Mirabelli “la questione è ancora aperta in quanto ci sarà un appello con l’impugnazione da parte dell’autorità amministrativa” e in seguito non si può escludere “che il questore limiti la libertà personale in maniera meno afflittiva, magari imponendo l’obbligo di dimora o quello di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza”. Il giurista rileva infatti che “la motivazione della giudice di Catania si basa largamente sul difetto di motivazione che giustifichi la misura restrittiva della libertà personale”. “Certamente il tema della restrizione della libertà personale è molto delicato e il decreto legge prevede tempi molto lunghi, anche fino a 18 mesi, seppure rinnovati”, rileva Mirabelli, parlando dell’allungamento dei termini di permanenza nei Centri per il rimpatrio. Tuttavia, il presidente emerito della Consulta nota che “se il decreto fosse stato sospettato di illegittimità, allora la giudice avrebbe dovuto inviare il caso alla Corte Costituzionale, invece ha disapplicato la norma per contrasto con il diritto comunitario, ed è da verificare se sul tema della cauzione il contrasto esista veramente, se ci sono dubbi si chiede l’intervento della Corte europea“. Ma l’invito di Mirabelli è appunto quello di non enfatizzare gli aspetti di contrasto in considerazione dell’iter parlamentare ancora in itinere del dl Cutro, e dell’impugnazione del verdetto di Catania da parte dell’amministrazione statale. “L’immigrazione è un tema molto complesso che non si può liquidare sbrigativamente, ma è importante – dice Mirabelli – affrontare una situazione come quella dei rifugiati e dei richiedenti asilo che fino a poco tempo fa si pensava limitata a pochi casi e invece adesso è un fenomeno, non dico di massa, ma molto esteso”. “Occorre trovare strumenti diversi dalle espulsioni e dai respingimenti, che non funzionano e non si riescono ad eseguire, e vedo che a livello europeo – conclude Mirabelli – c’è qualche intenzione di mettere mano a questa grande questione aperta, serve del tempo, ma bisogna trovare soluzioni diverse sia a livello normativo che di azione comunitaria“.

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