“Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto“. Con un post sui social anche la premier Giorgia Meloni attacca la magistrata Iolanda Apostolico, che venerdì ha disapplicato il decreto Cutro del 10 marzo scorso ritenendolo contrario al diritto dell’Unione europea, non convalidando perciò i provvedimenti di trattenimento emessi dal questore di Ragusa nei confronti di quattro cittadini tunisini richiedenti asilo e rilasciandoli in attesa della definizione della domanda. Un orientamento che, se seguito da altri giudici, rischia di mettere in crisi la strategia di contrasto alla crisi migratoria varata dal governo. Nel corso del weekend l’ordinanza di Catania era già stata criticata da vari esponenti della maggioranza, tra i quali si è distinto per i toni sopra le righe l’ex ministro Maurizio Gasparri (Fi): “I magistrati che si oppongono alle norme del governo in materia di immigrazione sono nemici della sicurezza della nostra nazione, ha detto.

Ora però ad alzare il livello dello scontro arriva il post della presidente del Consiglio, che accusa la magistrata di lavorare contro il governo e addirittura di voler “favorire l’immigrazione illegale“: “Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti, dovuta all’instabilità di vaste aree dell’Africa e del Medio Oriente. Il governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa. Lo facciamo con serietà a ogni livello: coinvolgendo gli altri Stati europei e stringendo accordi con i Paesi africani per fermare le partenze dei barconi e distruggere la rete dei trafficanti di esseri umani. E con norme di buonsenso per facilitare le espulsioni di chi non ha diritto ad essere accolto. Un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione. Certo, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta (il riferimento è alla Germania che finanzia una delle ong attive nel Mediterraneo, ndr), e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”, scrive, per poi scagliarsi contro la giudice e il provvedimento di Catania. E conclude: “Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l’ultima. Ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità e i confini dello Stato italiano. Senza paura”. Dall’opposizione le risponde la segretaria del Pd Elly Schlein: “Giorgia Meloni la smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il Paese. La smettano di cercare un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità. Se cercano responsabili del disastro sull’accoglienza si guardino allo specchio: è la destra che scrive leggi palesemente incostituzionali e poi se la prende con i giudici che fanno il loro lavoro”.

In mattinata a scagliarsi contro la giudice è tornato anche il leader della Lega, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, che ha rilanciato gli articoli di alcuni giornali di destra a proposito di vecchi post sui social in cui Apostolico mostrava simpatie progressiste: “Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi ma purtroppo non sorprendenti. Già nel 2019, quando ero al Viminale, ci scontrammo con giudici del Tar che cercavano di boicottare i Decreti sicurezza e che sposavano pubblicamente le tesi della sinistra. Il tutto senza dimenticare le rivelazioni di Luca Palamara e le intercettazioni contro il sottoscritto che “va fermato anche se ha ragione”. La Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento, perché i tribunali sono sacri e non possono essere trasformati in sedi della sinistra“, scrive. Poco dopo infatti la senatrice Erika Stefani annuncia un’interrogazione: “Alla luce delle informazioni lette oggi sui giornali, che riferiscono di petizioni da parte del magistrato contro Salvini ministro dell’Interno e campagne pro ong, non vorremmo sia stata fatta una scelta ideologica. Nella nostra Repubblica è lecito avere opinioni politiche e poterle esprimere, ma questo non può succedere in un tribunale, dove i giudici devono rispondere soltanto alla legge”. Il vicesegretario del Carroccio Andrea Crippa si spinge oltre: “Anche in tribunale, come in qualsiasi altro posto di lavoro, chi sbaglia sulla pelle dei cittadini, paga. Serve una riforma della giustizia che preveda la responsabilità civile diretta dei giudici e dei magistrati. È ora di dire basta. A processo ci dovrebbe andare Apostolico, non il vicepremier della Lega”.

Ma cosa dice l’ordinanza contestata da Meloni e Salvini? In realtà i “cercatori d’oro” citati dalla premier non c’entrano nulla: il decreto del governo viene disapplicato in quanto “normativa interna incompatibile con quella dell’Unione”, e in particolare con gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33, “che ostano, in primo luogo, a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità, in secondo luogo, a che tale trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga il trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura”. Nel caso in esame, secondo la giudice Apostolico, il provvedimento del questore che dispone il trattenimento del Cpr del migrante tunisino “non è corredato da idonea motivazione perchè difetta ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive”. Deve infatti escludersi, si legge nell’ordinanza, “che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale“. Il provvedimento disapplica inoltre il decreto attuativo varato nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che fissa a 4.938 l'”idonea garanzia finanziaria” prevista dal decreto Cutro per evitare il trattenimento in attesa di definizione della domanda di asilo. Lo stesso Piantedosi ha confermato di voler impugnare l’ordinanza: “Dalla lettura dell’atto siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere”, ha detto a margine del Comitato per l’ordine e la sicurezza presieduto a Imperia.

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