La soluzione non c’è ancora, soltanto un “primo passo”, come spiegano i lavoratori della Marelli di Crevalcore in sciopero e in presidio sotto il ministero delle Imprese e del Made in Italy a Roma. Ma dopo il vertice tra governo, sindacati e azienda, quest’ultima ha annunciato la “sospensione a tempo indeterminato della procedura di chiusura“. Al tempo stesso, però, ha dato mandato a un advisor di individuare possibili acquirenti per favorire l’operazione di reindustrializzazione del sito. Tradotto, c’è ancora speranza per i 230 operai che rischiavano di restare per strada, ma Marelli non intende indietreggiare sulla volontà di disimpegnarsi rispetto allo stabilimento bolognese.

“La Fiom ha chiesto, insieme alle altre organizzazioni sindacali, il ritiro della procedura per l’apertura di una discussione per il rilancio industriale dello stabilimento di Crevalcore che garantisca continuità occupazionale e produttiva. L’azienda ha affermato di non voler ritirare, ma sospendere la procedura a tempo indeterminato, in attesa di ricercare e valutare piani di riconversione in grado di mantenere il sito industriale e l’occupazione”, hanno spiegato al termine del vertice Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità, e Simone Selmi, segretario generale Fiom-Cgil di Bologna. “La sospensione a tempo indeterminato della procedura di chiusura dello stabilimento è un primo importante risultato, frutto anche della mobilitazione dei lavoratori di tutto il gruppo, ma non è sufficiente. La vertenza è tutt’altro che risolta. La mobilitazione prosegue”, hanno rilanciato i sindacati e i lavoratori in presidio, tra cori e slogan come ‘Crevalcore non si tocca’ e ‘Ritirare la procedura’.

Anche perché, è stato spiegato, l’azienda “ha chiesto che gli scioperi vengano ritirati, ma questo è un ricatto che non possiamo accettare”. Parole condivise dai lavoratori in presidio: “Da qui non esce nemmeno un bullone finché non si trova una soluzione”, c’è chi spiega, rilanciando lo slogan stampato nelle magliette degli stessi lavoratori in presidio. In circa duecento sono arrivati sotto al ministero per protestare e reclamare i propri diritti: “Vogliamo lavorare. Sono alla Marelli da 18 anni, come mia moglie. Non si può strumentalizzare la transizione ecologica ed energetica per togliere posti ai lavoratori“, c’è chi rivendica.

“Uno stabilimento con 230 lavoratori non si può fermare perché attualmente loro ritengono che fra qualche anno quel prodotto non sarà più utile. Noi riteniamo che quel prodotto non solo è utile attualmente, ma può essere riconvertito per trovare una soluzione”, ha precisato pure il segretario generale Uilm Rocco Palombella. Mentre Michele De Palma (Fiom Cgil) ha attaccato: “Il governo deve mettere le risorse per fare un piano generale in Italia dell’automotive, siamo l’unico Paese europeo a non averlo. Così corriamo il rischio di avere, una dietro l’altra, tante Crevalcore. Non possiamo affrontare le vertenze sito per sito e le aziende si devono assumere le proprie responsabilità. Non è che fino a che puoi fare soldi, fai soldi, e poi invece il problema lo scarichi sui lavoratori: per noi è inaccettabile, si devono fermare”.

Sotto al ministero, accanto ai lavoratori di Crevalcore, si sono mobilitati anche i lavoratori della sede di Bari, dove l’azienda vorrebbe delocalizzare la storica fabbrica della Bassa Bolognese, per dare sostegno ai colleghi che ora rischiano il posto di lavoro. Ma non solo. Erano presenti delegazioni anche da Corbetta (Milano), Caivano (Napoli), Orbassano (Torino), Sulmona (Aquila), Tolmezzo (Udine), Torino, Venaria Reale, Melfi. Il prossimo vertice al ministero è stato intanto convocato per il prossimo 8 novembre. Ma i lavoratori non intendono fare passi indietro sulle mobilitazioni: “Non ci fermiamo, la nostra protesta continua”.

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