Il dilemma del governo: stanziare qualche decina di milioni di euro in più, per rendere appetibile la pista da bob che nessuno vuole fare, ma con il rischio di non avere i tempi per realizzare l’opera, oppure cercare da subito un’alternativa, indirizzandosi verso strutture già esistenti, anche se all’estero? È questo il punto critico a cui è arrivata l’organizzazione delle Olimpiadi Milano Cortina 2026, dopo lo stallo che si è creato nelle scorse settimane. Né la prima gara a fine luglio, né la successiva ricerca negoziata di ditte disposte ad imbarcarsi nell’avventura, hanno dato esito positivo. E quindi nel giro di poche ore deve essere presa una decisione.
Se ne è finalmente reso conto il ministro dello sport, Andrea Abodi, che ha dichiarato: “Abbiamo ancora 48 ore per decidere acquisendo tutte le informazioni e i dati necessari, anche se poi le decisioni tecniche verranno prese dall’associazione olimpica deputata a darle, la Simico. Noi possiamo solo fare valutazioni politiche”. È proprio la politica che entra in scena, visto che Infrastrutture Milano Cortina (Simico), dopo il progetto della nuova pista da 124 milioni di euro, non ha trovato i costruttori per l’appalto da 82,6 milioni riferiti alla sola realizzazione pratica (gli altri sono costi aggiuntivi relativi alla progettazione, all’Iva e al fondo rischi). Abodi ha aggiunto: “Il nostro compito come Paese è ovviamente rispettare l’impegno con il Cio e così faremo. Tra le opzioni in campo, è vero, ci sono anche ipotesi estere, valuteremo con lucidità e freddezza tenendo conto ovviamente di tutte le disponibilità”. Cosa dovrà valutare il governo? “Le imprese disponibili per realizzare il bob sono pochissime, perché è un’opera di altissima tecnologia, quindi il governo valuterà se andare avanti con questa negoziazione privata oppure no”.
Anche il presidente del Coni Giovanni Malagò ha detto la sua, gettando una croce addosso a Simico e chiamandosi fuori, almeno per il momento. A prendere una decisione in cabina di regia ci sarà però anche lui. “Noi non costruiamo le opere, aspettiamo con grandissima urgenza una risposta, al massimo nel giro di pochi giorni, da parte di chi ha oneri o onori di occuparsi della realizzazione della venue”. Quindi sollecita Simico. “Abbiamo vinto la gara presentando una candidatura con un dossier per il bob, lo skeleton e lo slittino a Cortina. – ha aggiunto – Stiamo valutando qualsiasi altra alternativa perché il nostro mestiere è capire la soluzione migliore. In testa forse un’alternativa ce l’ho, ma siamo ancora fiduciosi che nel giro di qualche giorno gli impegni presi verranno rispettati”.
Simico sembra aver fatto quello che doveva fare, anche se si è rivelato finora un buco nell’acqua. L’avviso di preinformazione risale al 21 aprile scorso. A fine giugno è stato pubblicato il bando di gara. A fine luglio nessuno ha presentato offerte. Poi è stata aperta la procedura negoziata, con inviti a una decina di ditte. Anche queste non hanno risposto in modo affermativo. Quindi un accordo non c’è, ma ci sono una serie di elementi (soprattutto per quanto riguarda i costi e la ristrettezza dei tempi) che indicano qual è il dilemma che il governo deve sciogliere. Se nessuno vuole impegnarsi in un appalto da 82,6 milioni di euro, vuol dire che la commessa non è considerata appetibile economicamente, ma è considerata rischiosa per quanto riguarda i tempi. La pista deve essere pronta per metà novembre 2024 nella struttura essenziale (con impianto di refrigerazione funzionante), così da consentire i collaudi e l’omologazione che possono essere fatti solo tra dicembre 2024 e febbraio 2025. Poi ci sarà un altro anno di tempo per arrivare a metà novembre 2025 quando l’opera dovrà essere completata.
Ormai è chiaro che i tempi sono strettissimi. Si devono prevedere ritmi di lavoro giapponesi, con tre squadre al giorno impegnate. Questo si traduce in maggiori costi: si supererebbero abbondantemente i 100 milioni di euro solo per l’appalto che era fissato a 82,6 milioni. Ma siccome il costo complessivo era stato indicato in 124 milioni, si arriverebbero a sforare i 150 milioni di euro totali. Il dilemma del governo è innanzitutto economico. In una preparazione olimpica che già ha preventivato una spesa di 3 miliardi e 600 milioni di euro, è proponibile un incremento di una trentina ma che oggi ha un numero sempre minore di praticanti? La decisione non potrà prescindere dall’ordine del giorno votato all’unanimità dalla Camera dei deputati pochi giorni fa, che impegnava il governo a cercare delle alternative. Se anche si spendesse di più, c’è la certezza che l’appalto vada a buon fine? Non è preferibile che ci si orienti da subito verso una soluzione alternativa e meno costosa, prima di scoprire che dopo aver abbattuto un pezzo di bosco ai piedi delle Tofane, non si riuscirà nemmeno a finire l’opera?
Cambiare il prezzo di gara impone però di cambiare il bando. Serve un bando nuovo per una gara europea, con tempi che si dilaterebbero di alcuni mesi. Oltre alla pubblicazione, bisogna dare tempo alle aziende di presentare le offerte. Poi bisognerà esaminare le proposte. Solo gli ottimisti possono pensare di farcela in poche settimane. La stessa Simico ha sempre sostenuto che se entro il mese di ottobre il cantiere non sarà aperto, nemmeno i cinesi riuscirebbero a costruire la pista.