Che cosa sta facendo concretamente l’Occidente per mettere in pratica le sanzioni contro gli oligarchi russi, decise dopo l’invasione dell’Ucraina? Transparency International ha provato a scoprirlo, inviando un breve questionario agli uffici competenti di 19 Paesi e alla Commissione europea, sulla base del Freedom of Information Act (Foia). Otto mesi dopo l’invio delle richieste – diramate all’avvicinarsi del secondo anniversario dell’invasione – l’autorevole organizzazione internazionale specializzata in trasparenza e anticorruzione ha perso la pazienza, e ha comunicato i miseri risultati del suo sforzo.
Sette Paesi non hanno fornito alcuna risposta, compresi Stati Uniti, Germania e Canada. Due hanno respinto le richieste: Regno Unito e Australia. Altri sette, fra i quali Paesi Bassi e Spagna, hanno fornito risposte solo parziali (l’Italia non era tra i destinatari prescelti). E la Commissione europea? La sua risposta è stata “particolarmente deludente“, scrive Transparency International in una nota. A dare un riscontro, la Commissione ci ha messo quattro mesi, ma “non ha fornito alcuna risposta concreta sull’applicazione di sanzioni finanziarie”, accusa Transparency in un tweet.
L’accesso agli atti di Transparency mirava a conoscere (e far conoscere) fra l’altro il numero di individui ed enti colpiti da sanzioni finanziarie, il valore totale dei beni congelati, la loro tipologia (dal conto corrente allo yacht). E ancora, quanti procedimenti penali erano stati avviati per ottenerne la confisca, e quante indagini penali erano state aperte verso questi soggetti per reati come riciclaggio e corruzione. Fino a questo momento le sole risposte soddisfacenti sono arrivate da Estonia, Cipro e Portogallo. A Cipro, tipico rifugio per le immense fortune degli oligarchi, le sanzioni finanziarie hanno toccato 170 enti e 36 individui, e sono stati congelati beni per 1,544 miliardi. Su quest’ultimo fronte il record, almeno fra i pochi Paesi che hanno risposto, va al Lussemburgo, con beni congelati per 5,5 miliardi. “Considerando l’alto interesse pubblico” del tema sanzioni, sottolinea Transparency International, “le autorità di questi Paesi dovrebbero condividere in modo sistematico le informazioni su come stanno procedendo”.
“La trasparenza viene predicata come virtù dei regimi democratici, contrapposti alle autocrazie come la Russia di Putin“, commenta Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’Università di Pisa. “La resistenza a fornire queste informazioni è perciò molto preoccupante, dato che le sanzioni sono state presentate come una parte rilevante delle politiche occidentali contro l’invasione”. È vero che il Foia ha dei limiti, per esempio la sicurezza dello Stato, però eventuali dinieghi su questa base “andrebbero argomentati”, riprende Vannucci. “Il fatto che diversi Paesi abbiano tranquillamente fornito le informazioni richieste fa temere che da parte di altri ci sia l’intenzione di tenere aperti canali di contatto con il mondo degli oligarchi e dei loro interessi, magari in vista di un futuro riallacciamento di rapporti economicamente proficui”.