Ho appena finito di parlare con una mamma di una ragazza diciottenne che ha da pochi giorni iniziato l’ultimo anno delle superiori, Sofia, che ha da anni il desiderio di diventare medico.

Quest’anno, per la carenza di medici, il test di ammissione alla facoltà di Medicina e Chirurgia si è potuto fare anche senza essersi ancora diplomati e si entra in graduatoria con la possibilità di ripeterlo dopo la maturità per migliorare il proprio punteggio e la destinazione di ateneo.

Ma siamo sicuri che i test siano utili? Siamo sicuri che non sarebbe più logico abolirli visto che la selezione sarebbe naturale come in ogni facoltà, a maggior ragione a medicina lunga ed estenuante? Io credo che questi test nascondano un “mercato” che per alcune famiglie diventa oneroso. La stessa mamma mi spiega che solo la vendita di libri ha un costo medio di 500 euro con testi molto voluminosi che alcune famiglie nemmeno possono permettersi. Figuriamoci doverli cambiare l’anno dopo, aggiornati!

Ma questi test sono test di ammissione o test di selezione magari sulle capacità economiche più che di preparazione a un corso di laurea per il bene comune?

Comunque ad aprile e luglio si sono fatte le prove, a cui Sofia ha partecipato e ottenuto anche un buon punteggio. Spero, non solo per l’impegno economico dei genitori, che non cambi idea e che non abbia bisogno di ripetere il test per migliorare la sua posizione in graduatoria l’anno prossimo.

Forse occorrerebbe rifondare dalle basi il Sistema Sanitario partendo proprio dall’Università. Come ho detto più volte occorrerebbe ad esempio utilizzare i soldi del PNRR, in collaborazione fra il ministero dell’Istruzione e il ministero della Salute, per proporre e attuare, come è stato fatto tempo fa per l’odontoiatria, una nuova facoltà da affiancare a Medicina e Chirurgia che chiamerei Medicina del Territorio. Cinque anni, a differenza dei sei di Medicina, senza specializzazione, che impegna per altri quattro anni gli studenti e i sacrifici economici delle famiglie. Nuovi medici del territorio che diventano dipendenti statali di tutti gli ospedali, pubblici o privati accreditati, in reparti dedicati di primo filtro. La presenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in modo turnistico, garantirebbe che il primo filtro non sia di peso ai Pronto Soccorso che tornerebbero ad essere liberi e non necessiterebbero più di codici di carte di credito ma solo di codici rossi!

Il vecchio medico di famiglia con un concetto nuovo. Medici a tutti gli effetti che lavorano a stretto contatto con gli specialisti. Essi potranno, come gli altri, avere, oltre gli orari di dipendenza, anche uno studio privato nel quale i cittadini possono recarsi, se vogliono, per una parola in più, per discutere di un esame in modo più approfondito. La terapia verrà fatta in modo coordinato con lo specialista e controllata periodicamente. Medici non di secondo livello ma di prima empatia con i cittadini tutti.

Se investissimo in questo senso ad esempio i soldi che stiamo investendo nelle case di Comunità, che sono strutture intermedie che garantiscono solo a chi deve costruirle introiti magari maggiorati, avremmo sicuramente nel breve periodo, cioè nel corso di cinque anni di laurea, una nuova sanità di cui abbiamo bisogno assolutamente per stare al passo coi tempi. Covid docet. Non avremmo “decisioni che danneggiano tutti” con tempi biblici senza risolvere nulla costruendo strutture che rimarranno vuote per la carenza di medici, e per il fatto che i medici convenzionati liberi professionisti possono rifiutarsi di fare ore all’interno delle case di comunità che diventeranno nuove strutture abbandonate e desuete nel breve. Ma se investissimo quei due miliardi del PNRR nella nuova facoltà non otterremmo maggiori sicurezze future nella medicina che ci serve veramente, cioè quella del territorio?

Gli Ordini dei Medici i cui presidenti sono eletti dai medici di base, privati accreditati, allocati in sindacati non dalla parte di cittadini cosa ne pensano?

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