di Paolo Gallo
Il carocarburanti è una questione seria.
Troppo seria.
Più che seria.
L’equazione ormai consolidata è: andare a lavorare per pagare il carburante che mi permetterà di andare a lavorare. E non basta pensare all’alternativa di spostarsi col servizio pubblico, perché il servizio pubblico non funziona. O perlomeno è così nelle campagne mandrogne che si incontrano con i primissimi rilievi che diventano Appennini liguri nel giro di una ventina di chilometri.
L’alternativa è fare a turno coi colleghi, un giorno l’auto la prendo io, domani tu.
L’auto è, purtroppo, necessaria e fondamentale per passare quel terzo della tua vita cercando di guadagnare quel tanto – o poco – che serve per mettere insieme il pranzo con la cena per 30 giorni, tutti i giorni. La mazzata che da più di un anno, ormai, si è abbattuta nei serbatoi di chi cerca di garantirsi una vita dignitosa è diventata insostenibile.
C’è un connubio di incompetenza su programmazione sociale ed economica che fa paura. Non una visione, né a breve né a lungo termine. Solo farneticazioni spot del tipo 80 euro di bonus carburante per redditi fino a 15.000 di Isee euro per famiglie di 3 persone. Ma questo governo lo sa che con questi parametri molto verosimilmente in quella famiglia non c’è nessuno che lavora, che ha percepito – forse – 385 euro di social card una tantum e che non ha bisogno di un bonus carburante ma di un lavoro?! E le famiglie senza figli dove magari lavora solo una persona? O quelle monogenitoriali?
Che poi con 80euro – e il governo non sa nemmeno questo – ci si fa giusto il pieno che garantisce forse 10 giorni di spostamenti propedeutici al raggiungimento del posto di lavoro. Ci sputiamo sopra? No, se servisse a chi un lavoro lo ha, ma non è comunque la soluzione.
Fino a quando continueranno ad aumentare quei numeri luminosi alle stazioni di servizio? L’inflazione, il caro bollette, il caro carrello della spesa, il caro carburanti, i mutui impazziti si sono mangiati il 30% dello stipendio che non vede un briciolo di aumento da 30 anni. Il ceto medio è sempre più vicino a diventare il nuovo ceto povero pur avendo delle entrate mensili.
Sul fronte economico-sociale nulla si può fare di più perché – ci dicono – la coperta è corta, il Superbonus ha mangiato le risorse da investire da qui ai prossimi 3 anni e la colpa è di Bruxelles, dell’Europa, dei poteri forti. Mai un’assunzione di responsabilità e di coraggio per investimenti lungimiranti. Promesse, parole, parole, parole che hanno dimostrato e dimostrano tutt’ora la totale inadeguatezza di questa classe dirigente alla guida di uno dei Paesi fondatori di Europa e G7.
Il taglio delle accise era una str*****a? Ce lo vengano a dire in prima serata su TgMeloni1, altrimenti lo facciano e al più presto. Il ceto medio è in affanno Giorgia!