“Non ci serve uno sguardo immanente, fatto di strategie umane, calcoli politici o battaglie ideologiche. Non siamo qui per portare avanti una riunione parlamentare o un piano di riforme. Il Sinodo non è un parlamento“. Nella sua omelia durante la messa in Piazza San Pietro, Papa Francesco non ha usato toni diplomatici per presentare il sinodo iniziato oggi in Vaticano e preceduto, ieri, da una sorta di ‘controsinodo’ organizzato dal cardinale statunitense Raymond Leo Burke, tra gli estensori dei “dubia” a Papa Francesco. Davanti a 25mila persone, il Pontefice ha sottolineato che “siamo qui per camminare insieme con lo sguardo di Gesù, che benedice il Padre e accoglie quanti sono affaticati e oppressi. Partiamo dunque dallo sguardo di Gesù, che è uno sguardo benedicente e accogliente”. Secondo Papa Francesco “questo sguardo benedicente del Signore invita anche noi a essere una Chiesa che, con animo lieto, contempla l’azione di Dio e discerne il presente. E che, fra le onde talvolta agitate del nostro tempo, non si perde d’animo, non cerca scappatoie ideologiche, non si barrica dietro convinzioni acquisite, non cede a soluzioni di comodo, non si lascia dettare l’agenda dal mondo”.
E citando il discorso di Papa Giovanni XXIII per la solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962), Bergoglio ha ricordato come sia “necessario prima di tutto che la Chiesa non distolga mai gli occhi dal sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi; ed insieme ha bisogno di guardare anche al presente, che ha comportato nuove situazioni e nuovi modi di vivere, ed ha aperto nuove vie all’apostolato”. E ancora: “Lo sguardo benedicente di Gesù ci invita a essere una Chiesa che non affronta le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale ma che, al contrario, volge gli occhi a Dio che è comunione e, con stupore e umiltà, lo benedice e lo adora, riconoscendolo suo unico Signore“. Un discorso che punta all’unità, quindi. E questo è anche il ruolo del Sinodo, ovvero quello di ricreare “una Chiesa unita e fraterna, o almeno che cerca di essere unita e fraterna che ascolta e dialoga; una Chiesa che benedice e incoraggia, che aiuta chi cerca il Signore, che scuote beneficamente gli indifferenti, che avvia percorsi per iniziare le persone alla bellezza della fede. Una Chiesa che ha Dio al centro e che, perciò, non si divide all’interno e non è mai aspra all’esterno. Una Chiesa che ‘rischia’ con Gesù. Così Gesù vuole la Chiesa, la sua Sposa”. Per papa Francesco, lo “sguardo accogliente di Gesù invita anche noi ad essere una Chiesa ospitale. Non con le porte chiuse”. “In un tempo complesso come il nostro – ha spiegato nell’omelia della messa di inizio Sinodo -, emergono sfide culturali e pastorali nuove, che richiedono un atteggiamento interiore cordiale e gentile, per poterci confrontare senza paura”.
Poi l’appello alla Chiesa in quanto istituzione: “Dinanzi alle difficoltà e alle sfide che ci attendono, lo sguardo benedicente e accogliente di Gesù ci impedisce di cadere in alcune tentazioni pericolose: di essere una Chiesa rigida, una dogana, che si arma contro il mondo e guarda all’indietro; di essere una Chiesa tiepida, che si arrende alle mode del mondo; di essere una Chiesa stanca, ripiegata su sé stessa”. Ricordando l’esempio di San Francesco d’Assisi e della sua ‘spoliazione’, il Pontefice ha sottolineato la difficoltà di “questa spoliazione, interiore ed anche esteriore, di tutti, soprattutto dell’istituzione“.