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Ue, accordo sul dossier migranti: unici no da Polonia e Ungheria. Ecco perché l’Italia ha dato l’ok (anche se poco cambierà)

I Paesi membri dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo sul testo chiave sulla questione migranti. L’intesa è arrivata a maggioranza, con il voto contrario di Polonia e Ungheria e l’astensione di Austria, Cechia e Slovacchia. Favorevole l’Italia dopo che nell’ultimo vertice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi se n’era andato senza intervenire prima ancora che l’incontro con gli omologhi europei terminasse. La svolta per l’accordo d’altra parte è arrivata, da quanto si apprende, dopo che la Germania ha accettato di tornare al testo formulato a luglio. In particolar modo, da quanto si apprende, è stato declassato nella sezione dei ‘considerando’ il punto che riguarda l’esclusione dei salvataggi delle ong dalle situazioni di strumentalizzazione della migrazione. Grande soddisfazione è stata espressa in ambienti diplomatici per il raggiungimento dell’intesa che ha consentito di definire la posizione negoziale del Consiglio in vista delle trattative che si apriranno con il Parlamento europeo. “Accolgo con favore l’intesa politica raggiunta dagli Stati membri sul regolamento sulle crisi – ha twittato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – È un vera svolta, che permette di avanzare nei negoziati con il Parlamento Ue e il Consiglio. Uniti possiamo portare a compimento il Patto sulla migrazione prima della fine della legislatura”.

Felici per l’intesa il ministero degli Esteri, Antonio Tajani, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nonostante l’accordo, se confermato il testo prodotto in estate, non cambia di fatto la situazione per l’Italia: nessun accenno alla solidarietà europea, che può essere manifestata anche dietro un contributo economico e non di accoglienza, nessuna revisione degli accordi di Dublino, che quindi mantengono l’Italia tra i Paesi di primo approdo ai quali spettano le procedure di identificazione e richiesta d’asilo, ma solo maglie più larghe sulla possibilità di raggiungere accordi con i Paesi d’origine e di transito per effettuare rimpatri. Operazione a dir poco complicata, dato che l’unica intesa raggiunta dall’esecutivo è quella ad oggi infruttuosa con la Tunisia del dittatore Kais Saied. Nonostante questo, la premier ha dichiarato: “Abbiamo visto le dichiarazioni dei vertici dei Paesi del Med 9, abbiamo visto la Francia, con la Germania si era aperta una discussione sul Patto di migrazione e asilo perché chiedeva di aggiungere un emendamento che secondo me faceva dei passi indietro sul tema anche delle ong. L’emendamento è stato ritirato ed è passata la posizione italiana. Si tratta di implementare velocemente gli strumenti effettivi, è poi nella velocità di realizzazione che l’Europa deve essere più brava”. Soddisfatto anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “È un risultato molto positivo, un successo per l’Italia”.

Nonostante il passo indietro, da Berlino arrivano comunque reazioni positive. Per la Germania, le istituzioni europee e la maggioranza degli Stati membri l’obiettivo primario era infatti quello di portare a casa un’intesa entro la fine della legislatura. La ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, ha detto che “gli ultimi giorni e le ultime ore hanno dimostrato quanto sia importante lottare fino all’ultimo minuto per gli interessi tedeschi ed europei. È importante che i negoziati con il Parlamento europeo sul sistema europeo di asilo possano ora proseguire rapidamente. Abbiamo lottato duramente e con successo a Bruxelles per garantire che gli standard umanitari minimi non venissero indeboliti. Senza umanità non può esserci ordine“. Il governo tedesco non può dirsi ancora pienamente soddisfatto su alcuni dettagli dell’intesa, come appunto declassamento del punto sulle ong, che ora dovrà essere negoziata con il Parlamento europeo. In particolare, ha precisato comunque la ministra, a “non convincere” è la possibilità di attivare “in caso di crisi tutti gli estremi previsti nelle procedure di frontiera”. Per il cancelliere Olaf Scholz l’accordo è una “svolta storica”: “L’accordo sul regolamento delle crisi come parte della riforma europea dell’asilo è una buona notizia. La riforma limiterà efficacemente l’immigrazione irregolare in Europa e alleggerirà in modo duraturo l’onere di Stati come la Germania. Una svolta storica”.

Il clima è però tutt’altro che sereno, sia all’interno delle istituzioni europee sia nei rapporti di vicinato tra i Paesi confinanti. Da una parte, infatti, si registra la replica secca della portavoce della Commissione Arianna Podestà alle dichiarazioni del presidente del Consiglio europeo Charles Michel il quale aveva criticato il fatto che sul patto con la Tunisia l’esecutivo europeo (la Commissione appunto) abbia oltrepassato le proprie competenze. Parole, secondo Podestà, “parzialmente imprecise e non rafforzano in alcun modo la possibilità di agire in modo efficace nell’affrontare la difficile questione della migrazione”. “La Commissione – spiega la portavoce – sta negoziando il Mou (il Memorandum con Tunisi, ndr) dall’inizio dell’estate e ha più volte riferito in merito agli ambasciatori degli Stati membri presso il Consiglio sulle principali caratteristiche dell’accordo”. “La Commissione ha il pieno appoggio politico del Consiglio europeo” puntualizza Podestà precisando tra l’altro che “la Commissione è giuridicamente libera di negoziare accordi non vincolanti ai sensi del diritto internazionale” come appunto il Memorandum con Saied.

E poi ci sono le decisioni quotidiane dei Paesi con i propri confini. La Slovacchia fa già capire il suo orientamento dopo la vittoria del socialista Robert Fico che ha promesso severità sugli ingressi irregolari. E da domani introdurrà controlli al confine con l’Ungheria per dieci giorni. Un passo simile nei confronti della Slovacchia era stato fatto ieri da Polonia, Repubblica Ceca e Austria. Il premier del governo slovacco ad interim, Ludovit Odor, aveva detto ieri che la migrazione ha bisogno di una soluzione europea e che le singole azioni nazionali avranno un effetto a cascata. La frontiera tra la Slovacchia e l’Ungheria misura 655 chilometri. “I migranti percepiscono la Repubblica Slovacca come il primo Paese sicuro, dove non rischiano di essere respinti fuori dall’area Schengen”, spiega il decreto governativo pubblicato oggi. Tra l’inizio dell’anno e il primo ottobre, la Slovacchia ha registrato più di 39mila migranti che hanno tentato di attraversare illegalmente i suoi confini, undici volte di più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

L’Ungheria, in continuità con le sue posizioni, contesta l’intesa a Bruxelles: il regolamento, ha detto il viceministro degli Interni ungherese Rétvári, “non fermerà la migrazione, ma la impone agli Stati membri”. E ha accusato l’Ue di aver “forzato il testo finale” permettendo agli Stati membri di “discutere la normativa solo pochi minuti prima del voto. Pertanto il dibattito su questo tema critico è durato solo 13 minuti”. Il ministro ha inoltre accusato Bruxelles di aver “aggirato il processo decisionale” per il via libera del regolamento: seppure sia necessaria la maggioranza qualificata, Budapest, insieme a Varsavia, sostiene che l’accordo richieda il consenso di tutti gli Stati membri sulla base di un principio stabilito dai leader europei in passato. “È emerso chiaramente che Bruxelles vuole avere il potere incontrollato di decidere quando, dove e quanti migranti distribuire se si verifica un’ondata improvvisa in uno Stato membro.