Indovinate chi è ritornato sulla scena politica europea dalla porta principale? Proprio lui, grande sostenitore della frugalità nordica e feroce oppositore della solidarietà europea nelle concitate negoziazioni del Recovery fund: l’ex ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra.
Era improvvisamente scomparso dalla scena pubblica nel 2021, quando era ancora in carica come ministro delle Finanze olandese e la pubblicazione dei Pandora papers aveva rivelato il suo coinvolgimento nell’acquisto di cinquecento azioni di una società offshore – la Candace management – in un paradiso fiscale: le Isole Vergini Britanniche. Insomma uno dei tanti che predicava bene e razzolava male, niente di nuovo a quelle latitudini, direte.
Eppure dopo un periodo in congelatore, il suo nome è stato scongelato dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen che l’ha proposto come sostituto del dimissionario super commissario Frans Timmermans – che si è candidato alle prossime elezioni di novembre in Olanda – con deleghe per il clima, un premio per il suo pregresso impegno per società operanti nel settore dell’estrazione di fossili. Una nomina che ha subito generato vari mal di pancia a Bruxelles e per svariati motivi. Il suo passato professionale e politico – tra Pandora papers e le critiche all’Italia durante la pandemia – stanno facendo storcere molti nasi a Bruxelles tanto da affibbiargli il soprannome di ‘Shellman’, essendo stato un dipendente della compagnia petrolifera Shell prima di entrare in politica.
Secondo la procedura di nomina l’aspirante Commissario, dopo l’approvazione della sua nomina in Commissione Ambiente, giovedì dovrebbe ricevere la conferma dell’incarico dall’intero emiciclo del parlamento a Strasburgo, che si esprimerà a scrutinio segreto. Una nomina basata su vacue promesse che scalfisce ancor di più un già fragile equilibrio tra i vari partiti europei che con questa scelta sembrano acconsentire all’annacquamento definitivo del Green deal. Una nomina che sembra seguire la narrativa per cui il Green deal vada ridimensionato, e che malgrado le promesse altisonanti ai deputati della Commissione Ambiente, porta il Parlamento ad affrontare gli ultimi mesi di legislatura con molti dubbi in un tempo in cui ci sono ancora varie leggi chiave da approvare – come quella sull’uso dei pesticidi o sulle Nuove tecniche genomiche in agricoltura – oltre all’appuntamento della conferenza sul clima COP28.
L’ex ministro degli Esteri olandese in quota PPE Hoekstra non era un candidato adatto e tantomeno credibile, o affidabile, per questa posizione. Non c’è nulla nella sua carriera professionale o politica che indica un interesse per le questioni climatiche. Sarebbe addirittura il contrario, come hanno sottolineato 50 organizzazioni ambientaliste in una lettera aperta contro di lui. Da annotare in particolare che ha lavorato per più di 15 anni, tra il 2002 e il 2017, con aziende che difendono gli interessi dei combustibili fossili, come la compagnia petrolifera Shell o la società di consulenza finanziaria McKinsey. Peraltro durante la crisi sanitaria, si è guadagnato la fama di falco e il soprannome di “Mr. No”, sostenendo l’ortodossia di bilancio piuttosto che la ripresa e opponendosi a qualsiasi meccanismo di solidarietà europea, Hoekstra non solo si oppose al rilascio di aiuti europei per la Spagna e l’Italia, ma arrivò a chiedere alla Commissione europea di indagare sul perché i due Paesi non avessero i margini di bilancio necessari per far fronte da soli alla crisi sanitaria. Una retorica nazionalpopulista in salsa olandese da parte di chi, coerentemente con il suo messaggio, nel frattempo deteneva azioni di società in paradisi fiscali.
Ieri durante il suo hearing a Strasburgo ha mostrato tutt’altra faccia, rinnegando la sua passata carriera politica, e calandosi nella parte del salvatore del Green deal che in sei mesi porterà a termine tutti gli obiettivi prefissati.
Nessuno gli ha creduto ma la maggioranza dell’aula – per ragioni distinte – con tutta probabilità lo voterà. Io no.