“Nessuno dei suoi accusatori aveva o poteva avere un plausibile interesse ad inventare di sana pianta, ovvero a rielaborare strumentalmente, gli incontri ed i contatti avuti con lui ed è dunque provato che l’imputato in virtù del suo ruolo e della sua professione fosse un soggetto a disposizione del clan con un proprio vantaggio e/o tornaconto secondo l’ontologia e la struttura del cosiddetto concorrente esterno”. L’imputato in questione è Armando Izzo, centrale difensivo del Monza, 31 anni e tre presenze in Nazionale. Parla di lui il giudice Antonio Palumbo a pagina 23 delle motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Napoli, collegio A della sesta sezione penale, lo ha condannato a cinque anni per concorso esterno nell’associazione camorristica del clan Vinella Grassi di Scampia e frode sportiva. Il riferimento è in particolare a un incontro di Izzo col boss Antonio Accurso e altri personaggi del clan, avvenuto in un ristorante di Casoria il 14 maggio del 2014. Una delle condotte che proverebbero, scrivono i giudici, “la sua disponibilità e la sua reale volontà funzionale (…) alle esigenze del sodalizio criminoso”.
Il deposito delle motivazioni – che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere – sono uno snodo cruciale del procedimento in corso. Da questo momento infatti scattano i termini per il ricorso in Appello che Izzo certamente proporrà attraverso i suoi legali, gli avvocati Rino Nugnes e Stefano Montone, ritenendosi innocente ed estraneo ai reati contestati. I giudici del Tribunale hanno ritenuto fondate gran parte delle accuse sostenute in aula dal pm della Dda di Napoli Maurizio De Marco, secondo il quale Izzo – originario di Scampia e cugino di un esponente della cosca – aderì alla proposta di Accurso di truccare alcune partite sulle quali il clan puntava, e vinceva, grosse somme di denaro, una parte delle quali ritornava nelle tasche dei calciatori. I fatti risalgono al 2014, quando Izzo militava in serie B nell’Avellino: è stato condannato per la partita Modena-Avellino del 17 maggio 2014 (sulla quale il clan puntò sul gol degli emiliani, poi effettivamente segnato) ed è stato assolto per la partita successiva, Avellino-Reggina.
Tra i mediatori della sua partecipazione all’accordo fraudolento ci sarebbero stati uno dei ‘senatori’ della squadra irpina, Francesco Millesi, e l’ex calciatore Luca Pini. Quest’ultimi hanno scelto il rito abbreviato e per Millesi il processo si è concluso in Cassazione con la condanna definitiva per la sola frode sportiva, mentre la condanna in appello di Pini è stata annullata con rinvio affinché una nuova sezione di Appello spieghi perché è da ritenere anche lui un concorrente esterno della Vinella Grassi. Una sentenza, acquisita dai giudici di Izzo, che ha avuto il suo peso nel processo svoltosi col rito ordinario, dove il calciatore del Monza era imputato di reati che avrebbe commesso in concorso con l’ex compagno di squadra e il suo conoscente, un ex calciatore delle giovanili di Avellino, originario della 167, un altro rione popolare di Napoli.
Decisive nei processi sono risultate le valutazioni di attendibilità delle dichiarazioni di Antonio Accurso, diventato nel frattempo collaboratore di giustizia. E decisive, in senso negativo per Izzo, le contraddizioni in cui il calciatore sarebbe caduto nella versione con la quale ha spiegato come e perché partecipò all’incontro nel ristorante, durante il quale si sarebbe delineato il piano per truccare Modena-Avellino. “Se è vero – si legge nelle motivazioni – perché l’hanno riferito sia Accurso che Pini infatti che egli sopraggiunse e che quindi non era presente dall’inizio, è anche vero che non si spiega perché vi si sia recato e non sia stato in grado di offrire alcuna valida ragione della sua presenza diversa da quella posta a base della prospettazione accusatoria”. Ed è “irrilevante” secondo i giudici che Izzo poi non sia sceso in campo per un infortunio muscolare. Avrebbe comunque avuto un ruolo nella combine “in caso contrario – scrive il Tribunale – davvero non si vede perché gli Accurso una volta convocato Izzo (al ristorante, ndr) e saputo e o supposto o anche solo dubitato della sua possibile assenza alla partita avrebbero dovuto comunque tenerlo presente nella ripartizione delle somme e soprattutto perché Millesi avrebbe dovuto considerarlo”. Ad Izzo peraltro si contesta di non aver detto il vero quando afferma che aveva già deciso al ristorante di non giocare perché aveva respirato “una brutta aria”. L’allenatore però lo escluse solo poche ore prima della partita e Accurso in un interrogatorio ha affermato che Izzo aveva lamentato sì un problema muscolare, ma aveva aggiunto di essere in terapia e che avrebbe sicuramente “recuperato per poi giocare”.