Gli attacchi del presidente tunisino Kais Saied all’Europa? “Parla al suo elettorato”. La lettura di Giorgia Meloni del fallimento de facto, anche se non definitivo, del Memorandum d’intesa tra Unione europea e Tunisia sulla gestione dei flussi migratori è stata forse avventata. Perché se da Tunisi la postura è rimasta sempre la stessa (“non accettiamo ingerenze, no all’elemosina, non saremo la guardia di frontiera dell’Ue“), a confermare che non sono in programma cambi di direzione è l’ultima comunicazione dell’esecutivo nordafricano: “A seguito di quanto annunciato a proposito del versamento di una somma di 60 milioni di euro (dei 127 totali stanziati come prima tranche da Bruxelles, ndr), il ministero degli Esteri tiene a precisare che le autorità tunisine non hanno dato alcun avvallo a proposito di questo incasso“.
Si tratta solo dell’ultimo schiaffo in ordine di tempo del principale Paese di partenza dei migranti che percorrono la rotta mediterranea e l’Ue. Uno schiaffo che risuona tra le stanze del Berlaymont ma anche a Palazzo Chigi, proprio perché a esporsi fino quasi a sminuire le dichiarazioni di Saied è stata la presidente del Consiglio in persona: “L’Italia vuole che ci sia un approccio non paternalista” per l’Africa, “ma abbiamo bisogno di un’Europa che ci crede nel suo complesso. Credo che Saied, con cui ho un buon rapporto, abbia parlato innanzitutto alla sua opinione pubblica, quello che ha detto lo comprendo. La Tunisia ha un problema che non è diverso dal nostro, c’è una immigrazione illegale anche da loro. Alcuni approcci ideologici non hanno aiutato in questi giorni”, ha poi concluso riferendosi ai Paesi, Germania in testa, che hanno cercato di mantenere nel testo dell’ultimo accordo in sede di Consiglio Ue più riferimenti possibili alla salvaguardia dei diritti umani.
L’annuncio di Tunisi, però, crea di nuovo il gelo tra le parti, dopo che mercoledì la portavoce della Commissione europea, Ana Pisonero, aveva confermato il pagamento di 60 milioni di sussidi all’erario tunisino all’inizio di questa settimana. E la comunicazione non ha lasciato indifferente la Commissione, con il commissario Ue al Vicinato, Oliver Varhelyi, che su X ha risposto in maniera stizzita: è stata la Tunisia “a chiedere formalmente” all’Ue l’erogazione di aiuti per 60 milioni di euro, se Tunisi non li vuole è libera di restituirli.
Nonostante Fratelli d’Italia e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si attribuiscano il merito di aver concluso un accordo con la Tunisia per limitare le partenze di migranti dalle coste nordafricane, che l’intesa fosse inapplicata era ormai evidente. Lo dicono innanzitutto i numeri, con il Paese maghrebino che rimane il primo per provenienza delle persone sbarcate sulle coste di Lampedusa. Lo dicono i botta e risposta tra le cancellerie e istituzioni europee e il regime di Tunisi. E lo dicono anche le decisioni prese proprio dal presidente nordafricano che, nonostante lo stanziamento europeo da 127 milioni (60 milioni in aiuti per il sostegno al bilancio e 67 per un pacchetto di assistenza operativa sulla migrazione), ha per due volte rimandato la visita delle delegazioni europee nel Paese.
Il motivo è da ricercare in due punti fondamentali. Il primo: secondo Saied le direttive date dall’Ue su come investire i fondi stanziati rappresenterebbero un’ingerenza inaccettabile. Il secondo sta invece nell’irritazione manifestata in maniera palese dal presidente dopo le numerose dichiarazioni dei leader europei che, a suo dire, hanno mostrato un atteggiamento paternalistico, quasi neocolonialista, dettando la linea senza consultare prima la presidenza tunisina. Tutto il contrario del principio che muove il cosiddetto Piano Mattei per l’Africa auspicato proprio dal governo italiano: rapporti paritari in una collaborazione vantaggiosa per tutti. Adesso, dopo la plateale rinuncia di Tunisi ai fondi europei, sta a Bruxelles e Roma cercare di ricucire i rapporti con Tunisi. Altrimenti, il piano di esternalizzazione della crisi migratoria e difesa dei confini esterni dell’Ue rischia di naufragare.