La defenestrazione di Kevin McCarthy, il primo speaker della Camera sfiduciato nella storia del Congresso Usa, ha aperto un vulnus profondo nella politica americana, già polarizzata in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Contro il controverso McCarthy hanno votato in massa i democratici, ma ad affossarlo sono stati otto repubblicani duri e puri, che non gli hanno perdonato di aver “collaborato con il nemico” per approvare, anche se in via temporanea, il bilancio, salvando il paese dalla paralisi amministrativa che avrebbe bloccato servizi federali essenziali, stipendi delle forze armate e i processi in corso contro Donald Trump. Quello a cui si assiste in questi giorni è uno scontro politico feroce interno al partito repubblicano, con l’attività legislativa bloccata fino alla scelta del nuovo speaker.

Lo stesso McCarthy, nove mesi fa, era stato designato solo alla quindicesima votazione e aveva sempre faticato a governare il gruppo parlamentare: ma ora l’elefante nella stanza ha le dimensioni monstre di 6 miliardi di dollari, il nuovo pacchetto di aiuti logistici e militari all’Ucraina che molti repubblicani non vogliono finanziare. E senza, Kiev è perduta. McCarthy si è giocato il posto forzando il Congresso ad una scelta binaria: salvare l’America, approvando il bilancio senza gli aiuti all’Ucraina, o finanziare una guerra di cui, per ora, non si vede la fine, malgrado le ingenti risorse già consumate. Chiunque lo sostituisca è ora ben consapevole dell’ostilità di parte del Congresso, verso quel pacchetto di aiuti, e può essere indotto a ridurlo, o boicottarlo, se interpreta così la volontà dei suoi elettori.

Insomma, la guerra è entrata a piedi uniti nel cuore della politica Usa e ne determinerà gli equilibri. Tanto che diventa cruciale capire quali siano i repubblicani pro Ucraina senza se e senza ma, e quelli da convincere. Ci ha pensato il gruppo Defending Democracy Together dei repubblicani per l’Ucraina, che ha creato un sistema pubblico di valutazione dei congressman in base al loro sostegno a Kiev. Sono classificati con un sistema a semaforo, da “molto a favore”, in verde intenso, per chi ha sempre votato per gli aiuti e si è anche espresso pubblicamente a sostegno degli Ucraini, a “molto contrario”, rosso scuro, di quelli che hanno rifiutato ogni sostegno e considerano i finanziamenti uno spreco di denaro e “non una priorità per gli interessi americani”. Il più verde risulta essere Tom Emmer, capogruppo repubblicano alla Camera, e quindi in posizione strategica per persuadere gli scettici. Poco sotto, verde pallido, Steve Scalise, il numero 2 del partito alla Camera e per ora il superfavorito nella successione a McCarthy. Nella corsa a Speaker Scalise è sostenuto anche da Matt Gaetz, che è stato uno dei grandi artefici della caduta di McCarthy: ma qui le cose si complicano perché nella pagella pro-Ucraina Gaetz è rosso profondo, un no totale. Fra i rossi profondi, anti-aiuti all’Ucraina sia nei voti che nelle dichiarazioni, c’è anche l’immancabile fuori di testa, il texano Troy Nehls, che come speaker, ha annunciato su X, indicherà Donald Trump, “il più grande presidente della mia vita, ha dimostrato di mettere al primo posto l’America e farà tornare grande la Camera.”

L’assenza di un leader per uno dei rami del Congresso, fra l’altro con il bilancio ancora da approvare definitivamente, è un problema per la Casa Bianca, anche sul fronte ucraino. E Biden ha invitato i congressisti a fare presto con la scelta del nuovo speaker, sperando in un Tom Emmer.

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