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Sinner svela: “A questo serviva la scelta di non andare in Davis. Alle finali ci sarò”

Alla fine ha avuto ragione lui. Jannik Sinner ha deciso di concedersi un periodo di riposo e allenamento dopo gli Us Open, sentiva di averne bisogno per preparare al meglio il finale di stagione. Anche a costo di saltare la Coppa Davis. “Non so se ho voglia di parlare di questo però , sono contento di come mi sono allenato dopo l’Open Usa. Non è che in due settimane ti inventi niente, eh, voi il lavoro non lo vedete ma c’è”, racconta Sinner in un’intervista al Corriere della Sera fresco di vittoria dell’Atp 500 di Pechino in cui ha messo in fila Carlos Alcaraz e Daniil Medvedev. Proprio in queste due partite il nuovo numero 4 al mondo ha messo in mostra un tennis rinnovato e ora, giustamente, rivendica la sua decisione: “Ho provato cose nuove e servito una percentuale più alta, ma non basta. E non significa che servirò sempre così. La scelta di non andare in Davis alla fine serviva a quello, la programmazione si fa in base agli obiettivi“. E tra gli obiettivi di Sinner ora ci sono le Atp Finals di Torino e le finali di Coppa Davis: “A Malaga ci sarò. A me la dimensione della squadra, quella sensazione di Italia con la maglia azzurra, piace. Abbiamo la panchina lunga e tante scelte diverse anche per il doppio. La Coppa si può vincere”. Sì, soprattutto ora che – grazie a questo periodo lontano delle competizioni – si sta vedendo un Sinner migliorato.

Nella sua intervista, il 22enne azzurro ripercorre un torneo praticamente perfetto: “I primi due giorni in Cina non mi sentivo bene per niente, poi i problemi con Evans, un po’ meglio con Nishioka, il vomito con Dimitrov. Ho saputo superare le difficoltà, con Alcaraz e Medvedev stavo finalmente bene. Ho imparato dagli errori e mi sono piaciuto”. Ma Sinner già guarda avanti: “Quando ho vinto il Master 1000 di Toronto e subito dopo sono uscito al primo turno a Cincinnati. Per me è importante non ripeterli. A Shanghai cercherò di vincere almeno un match…”. la forza del talento di Sesto Pusteria è proprio questa: “La differenza che avverto ancora è fisica: i miei movimenti in campo possono migliorare, volée, servizio, tutto può crescere. Non sono arrivato al picco, proprio no”. Sinner cerca il pelo nell’uovo e ha bisogno del lavoro per crescere: “Giornate lunghissime, tra campo e palestra, io mi sento bene solo se alla fine sono stanco morto, perché vuol dire che mi sono allenato nel modo giusto”.

Anche la risposta sul paragone con Adriano Panatta e quella mitica annata del 1976 (culminata con la vittoria della Coppa Davis) denota la mentalità da campione di Sinner: “La storia la conosco, però andare oltre i risultati degli altri non mi dice niente. Non mi interessano i paragoni con il passato, cioè: voglio diventare forte io, Jannik Sinner, la sfida è con me stesso e la storia la costruisco per me, per nessun altro. Mi interessa condividere questi momenti con le persone che credono in me, i miei parenti e il mio staff. Solo questo conta”. Forse anche una velata replica alle critiche ricevute: “Le settimane dopo New York le ho investite anche sulla mia testa e a Pechino spero si sia notato”. Il passato è sempre alle spalle, conta il futuro: “C’è più lavoro da fare adesso che sono diventato numero 4 del mondo, rispetto a prima. E non ci si ferma mai: le vacanze non esistono, servono a preparare la stagione successiva”.