di Federica Capitani e Giulia Taddei
Il movimento per la giustizia climatica Fridays For Future torna in piazza, a poco più di cinque anni dalla sua nascita.
Dopo la giornata di mobilitazione mondiale del 15 settembre, che aveva visto anche il coinvolgimento di Fridays For Future in numerose città italiane con performance artistiche collettive, oggi 6 ottobre lo sciopero per il clima in oltre 35 città italiane. Attivisti ambientali e società civile hanno deciso di scendere in piazza per criticare l’inazione dell’attuale governo nell’implementare politiche di mitigazione climatica.
Quello di oggi è il primo sciopero per il clima dopo le alluvioni dello scorso maggio in Romagna e dopo un’estate di clima estremo, che ha spaccato in due l’Italia con nubifragi, trombe d’aria e grandinate al Nord e incendi e temperature record al Sud, che hanno provocato ingenti danni. Infatti, l’italia è un hotspot climatico, cioè una delle aree geografiche che soffrono maggiormente degli effetti diretti e indiretti della crisi climatica. Questo ha conseguenze sull’equilibrio degli ecosistemi e comporta una diminuzione delle risorse a servizio della comunità locale.
Lo slogan scelto, “Resistenza climatica”, assume molteplici accezioni. E’ esplicito il richiamo alla Resistenza partigiana italiana, partecipata da forze eterogenee, con differenti orientamenti politici e impostazioni ideologiche, unite tuttavia da un obiettivo di lotta comune e dalla speranza di costruire un mondo migliore. Resistenza climatica è resistenza al crescente negazionismo che dilaga in televisione e nei social media, provocando una grave disinformazione e una mancata percezione da parte della cittadinanza della gravità delle conseguenze della crisi climatica. E’ una resistenza attiva, appassionata, fisica, basata sulla conoscenza scientifica, che dal 2019 ci impegniamo a divulgare. Resistiamo alla recente di ondata di criminalizzazione ingiustificata nei confronti dei movimenti ambientalisti, tesa a evitare di attivarsi davvero contro la crisi climatica minimizzando il dissenso. Una criminalizzazione che non è solo mediatica, ma che ha portato anche ad un irrigidimento degli interventi delle forze dell’ordine, come avvenuto al Festival della Letteratura di Mantova all’attivista Sofia Pasotto, trattenuta dalla Digos solo per aver mostrato due cartelloni di protesta.
Resistenza climatica rappresenta il dissenso e la critica alle scelte e alle non scelte del governo, a partire dai tagli dei fondi destinati alle politiche ambientali del Pnrr. Il governo ha scelto di tagliare 6 miliardi di euro destinati a interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni, investimenti che sarebbero stati finalizzati a mitigare i danni diretti e indiretti della crisi climatica.
Inoltre, l’Italia continua a investire in combustibili fossili, nonostante si sappia che essi rappresentano la prima causa dell’aumento delle temperature, e nonostante, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, sia necessario abbandonare immediatamente ogni nuovo investimento in carbone, petrolio e gas per rispettare gli accordi presi sulla riduzioni di gas climalteranti entro il 2030.
Davanti a tutto ciò, sempre più giovani soffrono di eco-ansia, che provoca scoramento, frustrazione, impotenza. Noi rispondiamo con l’attivismo, con la volontà di esserci fisicamente, insieme, contemporaneamente arrabbiati e propositivi. E’ questo a portarci ancora una volta nelle piazze italiane questo venerdì. La consapevolezza che scendere in piazza oggi significa schierarsi dalla parte giusta della storia, con l’unica risposta possibile a questa crisi: l’azione collettiva. La presa di coscienza della necessità di cambiare il nostro sistema sociale, di uscire dal paradigma economico basato solo sul profitto e di concentrarci invece su un mondo di cura.
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