Le candeline davanti sono 58, la torta è dolce. Lo è ancora di più il ricordo di 30 anni fa, quando un suo gol di testa regalava alla Juve uno dei più bei derby della Mole. Una vigilia di Juve-Toro speciale per Jurgen Kohler, ultimo degli stopper e match winner il 3 ottobre 1993, quando al vecchio Delle Alpi finì 3 a 2 per la Juventus del Trap grazie a un suo colpo di testa.
Infanzia difficile: nasce a Lambseheim, in Renania, ma il papà muore poco dopo che Jurgen è venuto alla luce. Mamma Elfride, vedova e con 4 figli, si dà da fare tra mille difficoltà: sognerebbe Jurgen impiegato di banca, ma il ragazzo si divide tra il campo di calcio e la scuola per meccanico automobilistico. È bravo in entrambi i settori, mostra una dote particolare: pragmatismo e spirito di sacrifico fuori dal comune. Pochi fronzoli insomma, tanta praticità: è così che viene su uno stopper tedesco old style.
Jurgen è il più piccolo dei quattro fratelli: se da un lato è difficile andare avanti, dall’altro indossare un maglione di qualche taglia più grande non importa molto se in quanto “piccolo di famiglia” si ricevono coccole e attenzioni. Cresce tra motori e campi di calcio, fa l’attaccante ed è bravo, ma non abbastanza per il Waldholf di Mannheim all’inizio: lo segnala il papà di un amico, ma gli allenatori delle giovanili gli suggeriscono di lasciar perdere, di tornare al Tb Jahn di Lamsheim. Jurgen non è tipo da arrendersi e pur accettando il verdetto chiede semplicemente di potersi allenare lì a Mannheim semplicemente come ospite. Il giudizio degli allenatori cambia in sei settimane: lo tesserano a 15 anni…a patto però di cambiare radicalmente e di smettere di cercare il gol, cercando invece di non farli fare agli altri. E lui, tifosissimo del Kaiserslautern, firma il primo contratto da professionista con i rivali del Waldholf e mamma Elfride gli chiede semplicemente di restare coi piedi per terra: pochi fronzoli, poca attrazione per i lustrini, tanta semplicità.
Nelle giovanili lo nota Klaus Schlappner, lo porta in prima squadra sottoponendolo a sessioni estenuanti per sgrezzarne i tratti: fare il difensore non è solo fisicità e dunque via a crossare in corsa dopo gli allenamenti, in aggiunta anche “corsi” di risparmio per spiegare al ragazzo che i soldi guadagnati non vanno sprecati. Jurgen prende e porta a casa, in tutti i sensi: aiutando economicamente la famiglia e diventando un ottimo difensore. Passa al Colonia, diventando un punto fermo della squadra che guidata da Daumm sfiora la vittoria della Bundesliga. E la Bundesliga la vince l’anno dopo col Bayern di Heynkess. Nello stesso anno si laurea campione del mondo con la Germania. La Juventus intanto ha i suoi osservatori in Bundesliga, a seguire Reuter e Moeller in particolare ma anche Haessler: al Trap vanno bene, a patto però che arrivi anche Kohler. E Jurgen in bianconero ci arriva nel 1991, con la fama di “Eisenfusse”, piedi di ferro, a ironizzare sulla scarsa abilità a giocare il pallone e anche di essere duro oltre i limiti, tanto da indossare tacchetti più lunghi per far male agli avversari. Certo non è Beckenbauer (altro suo grande estimatore) o Rudy Krool per tecnica personale, ma dimostrerà subito che “piedi di ferro” è un soprannome troppo ingeneroso, e che pur essendo un marcatore duro e che non lesina le maniere forti è uno corretto.
Alla corte del Trap “più tedesco dei tedeschi”, Jurgen si prende subito la difesa bianconera e anche l’amore della tifoseria per il suo spirito di sacrificio e il suo attaccamento alla maglia: chiude la prima stagione con 3 gol e nessun trofeo vinto, visto che il Milan di Capello è troppo forte in Serie A e la finale di Coppa Italia sfuma col Parma. Si rifà vincendo la Coppa Uefa l’anno successivo Kohler, partecipando anche con un gol al Benfica, che dà il via alla rimonta bianconera nei quarti di finale. E dopo il gol al Toro nel derby del 1993, Kohler si toglie anche la soddisfazione più grande: lo scudetto con Lippi a nove anni dall’ultima vittoria bianconera in Serie A.
Torna in Germania nel ’95, al Borussia Dortmund: in una squadra zeppa di ex juventini, da Julio Cesar a Reuter, da Paulo Sousa a Moeller vince la Champions League, dando un dispiacere in finale proprio alla “sua” Juventus nel 1997, festeggiando la vittoria con una sciarpa bianconera al collo, regalo dei suoi ex tifosi. Resterà in giallonero fino al 2002, quando chiuderà la carriera. Oggi resta uno dei calciatori più amati dai tifosi juventini…che potendo, in un derby come quello di sabato difficilmente rinuncerebbero a uno come Kohler.