Sono giorni difficili per il cancelliere tedesco Olaf Scholz. In Europa è stato impegnato in una complessa trattativa sui migranti, mentre addosso gli piovevano critiche un po’ da tutte le parti: dalle accuse di una linea troppo indulgente sull’immigrazione al disappunto per aver scelto la via del compromesso con l’Italia di Giorgia Meloni. Nella sua Germania il tema migranti è riaffiorato prepotentemente nel dibattito pubblico, accompagnato da una recessione economica e da una crescente inflazione che hanno fatto crollare il mito della solidità tedesca. Scholz resiste e attende tempi migliori: per questo le elezioni regionali che si terranno domenica in Baviera e in Assia arrivano proprio nel momento peggiore. Il suo governo attualmente è alle prese con un crollo di popolarità che inevitabilmente si riflette anche sui consensi ai tre partiti della coalizione: la Spd dello stesso Scholz, i Verdi e i liberali di Fdp. Alle urne la botta potrebbe essere fragorosa, specialmente se accompagnata da una ulteriore crescita di Alternative für Deutschland, il partito di ultradestra tedesco. Il governo Scholz, però, non è l’unico a temere l’ascesa dell’AfD.

Il partito fondato dieci anni fa su posizioni euroscettiche si è via via radicalizzato, in particolare sul tema migranti. La crisi economica che ha investito la Germania dopo l’invasione russa dell’Ucraina, unita al boom di arrivi dalla rotta balcanica (tra gennaio e agosto 2023 oltre 200mila richieste d’asilo), hanno creato terreno fertile per un improvviso aumento dei consensi verso l’AfD, che solo qualche anno fa sembrava aver esaurito la sua forza attrattiva. In questo senso, il test in Baviera e Assia è particolarmente importante: i due Länder rappresentano da soli quasi un quarto della popolazione tedesca. E si tratta di due regioni della Germania tradizionalmente benestanti, dove la retorica dell’ultradestra tedesca non era mai riuscita a fare breccia tra gli elettori. Recenti sondaggi invece collocano il sostegno all’AfD tra il 12% e il 14% in Baviera e tra il 15% e il 17% in Assia, un paio di punti percentuali in meno di quelli necessari a salire sul secondo gradino più alto, potenzialmente davanti ai socialdemocratici o al suo principale partner di coalizione, i Verdi. Un risultato che potrebbe metterebbe ulteriormente in difficoltà Scholz, ma anche il blocco Cdu/Csu, tradizionale contrappeso di centrodestra ai suoi socialdemocratici.

Questo è l’altro nodo cruciale: se il governo trema, il principale partito di opposizione non se la passa tanto meglio. Dal risultato delle elezioni di domenica infatti arriverà la risposta a una domanda cruciale: chi trarrà vantaggio dalla crisi del governo, il blocco conservatore attualmente all’opposizione a livello federale o la destra di Afd? Stando ai sondaggi, l’opposizione conservatrice di Cdu e Csu non ha beneficiato al momento delle difficoltà incontrate dalla coalizione “semaforo” di Berlino. In Baviera, dove dal 1957 governa la Csu (partito gemello della Cdu e suo alleato a livello federale), l’attuale primo ministro Markus Soeder è sì destinato a essere confermato, ma rischia di raccogliere il peggior risultato del suo partito negli ultimi 70 anni. Già 5 anni fa per governare fu costretto a far entrare in coalizione i Freie Wähler (una sorta di lista civica su posizione centriste e conservatrici). Il primo ministro bavarese ha escluso categoricamente una possibile intesa con Spd o Verdi. Lo schema quindi sembra potersi ripetere anche questa volta, ma per Soeder significherebbe l’addio definitivo alle ambizioni di una carriera da candidato alla cancelleria.

Anche in Assia governa la Cdu – alleata con i Verdi – e il primo ministro Boris Rhein è pronto a proseguire il suo mandato (è succeduto a Volker Bouffier nel maggio 2022). I sondaggi gli attribuiscono poco più del 30%, quindi per governare dovrà trovare nuovamente un accordo con i Verdi o con la Spd, i due partiti “nemici” a Berlino. A meno che, improbabile, cade improvvisamente il veto nei confronti dell’AfD, partito che finora è stato escluso da qualsiasi alleanza di governo per le sue ambivalenze non democratiche e filo-naziste (è sotto osservazione dei servizi di sicurezza nazionale). Fatto sta che un risultato del genere sarebbe un duro colpo per Friedrich Merz, il leader che sull’immigrazione ha dato alla Cdu una linea nettamente opposta rispetto alle politiche aperturiste di Angela Merkel. L’appiattimento sui temi forti dell’AfD sembra non pagare fino in fondo. Per questo motivo in Germania tutti temono un’ascesa della destra. I tre partiti al governo – già ai ferri corti sulle politiche ambientali, sul welfare e sull’immigrazione – rischiano di sfaldarsi. L’opposizione di Cdu/Csu uscirà sicuramente vincitrice dalle urne, ma non con i numeri che vorrebbe. L’AfD, infatti, preoccupa non tanto per il voto di domenica, quanto in vista delle elezioni che nel 2024 si terranno in tre stati della ex Germania dell’Est (Brandenburgo, Sassonia e Turingia) dove da sempre raccoglie il maggior numero di consensi e i recenti sondaggi le attribuiscono più del 30% delle preferenze.

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