di Gaetano Benedetto*
Sembra non passare giorno, ormai, senza che si in Italia un tentativo di indebolire le norme per la tutela ambientale. La settimana appena trascorsa è stata protagonista di un micidiale uno due che va dalla alla richiesta di una deroga del governo italiano all’Unione europea, come risposta all’emergenza granchio blu per aprire a una pesca a strascico “sperimentale” entro le 3 miglia. Al tentativo di bypassare un divieto introdotto dall’Unione Europe nel 2006, in tutte le sue acque, visto il forte impatto di questa tecnica di pesca nelle zone costiere si è poi aggiunto un emendamento di Fratelli d’Italia presentato nel “Decreto Asset” per modificare i vincoli paesaggistici sui boschi e quindi semplificare le procedure di taglio.
Ma il colpo di grazia alla tutela ambientale continua ad essere dal ddl Calderoli sull’Autonomia Regionale Differenziata, ancora in discussione al Senato, accompagnato dall’inevitabile insufficienza delle proposte che emergeranno dal Comitato nominato dal governo per stabilire i Livelli di Prestazioni Essenziali (LEP) che saranno propedeutici alle intese tra Stato e Regioni.
Non occorre essere né giuristi né scienziati per comprendere che ambiente e biodiversità devono essere tutelati nella loro interezza e in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Uno spezzatino della tutela per ambiti regionali è rischiosissimo sia perché potrebbe differenziare i diritti dei cittadini (pensiamo al rapporto tra ambiente e salute), sia perché indebolirebbe le strategie di conservazione che necessitano approcci omogenei e sinergici.
Per evitare simili rischi è previsto che, anche per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (che tramite intesa approvata per legge possono essere trasferite alle Regioni ordinarie che ne facciano richiesta) siano appunto fissati Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) che obbligatoriamente le Regioni dovranno garantire. Il Comitato LEP nominato dal governo è però composto solo da giuristi, che nonostante siano prestigiosi, in assenza di esperti scientifici non potranno individuare livelli di prestazioni relativi la tutela dell’ambiente e la biodiversità nei termini che sarebbero necessari.
Certamente questi possono fare la ricognizione di quanto oggi è già definito e normato, di quanto certamente può essere preso come riferimento, ma certo non possono definire LEP su temi scientifici su cui ancora si dibatte come, ad esempio i servizi ecosistemici. Pur con tutto l’impegno che il Comitato LEP può mettere, la questione delle prestazioni essenziali per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema rimarrà, inevitabilmente, aperta. È, infatti, impossibile arrivare alla definizione di questi senza un adeguato supporto scientifico, senza il tempo necessario per individuare parametri scientificamente sostenibili, senza avere una valutazione delle necessarie risorse per gestirli. È questa un’evidenza su cui il governo farebbe bene attenzione evitando le forzature e le accelerazioni che una parte della maggioranza vorrebbe.
Metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali dell’Europa, per circa l’89% delle tipologie di habitat di interesse comunitario. Con un report del maggio di quest’anno il WWF ha denunciato che il 68% degli ecosistemi italiani si trova in pericolo, il 35% in uno stato critico; il 100% degli ecosistemi nell’ecoregione padana è a rischio, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica; mentre il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trova in uno stato ecologico non buono.
Frammentare la tutela della natura non è, di certo, la strategia migliore per risolvere i problemi che per altro necessitano investimenti di cui le Regioni non dispongono degli importi necessari. Eppure, di Autonomia differenziata si parla poco e (purtroppo) si sa ancora meno e nel silenzio generale la maggioranza di governo procede. E proprio per far meglio comprendere la posta in gioco, il WWF ha organizzato a Roma il convegno “Ambiente, Autonomia differenziata, Costituzione”, lunedì 16 ottobre al Senato, Sala Capitolare del Chiostro del Convento di Santa Maria Sopra Minerva.
*Presidente Centro Studi WWF