Passereste attraverso una strettoia resa angusta da due estranei in piedi completamente nudi? Detta così sembra quasi banale, ma a trovarcisi la prospettiva cambia e la baldanza scema. La Royal Academy of the Arts di Londra, per la prima volta in 255 anni, dedica una intera retrospettiva ad una donna, Marina Abramovic, rimettendo in scena più di 50 anni di carriera con tutte le sue sfide. Compresa questa, facile forse sulla carta, ma molto più complessa nella realtà. Il momento del bivio arriva a sorpresa quando si deve attraversare la stanza numero quattro, quella dove dei maxi schermi trasmettono i video in bianco e nero in cui sfidava “i limiti del corpo” e ci si dirige alla stanza cinque.
A quel punto ci si trova di fronte alla strettoia umana, alla scelta di partecipare o meno alla performance e soprattutto al come farlo. Una cornice bianca illumina due giovani: un uomo di colore con i capelli lunghi e una donna bianca con uno chignon biondo che, con i loro corpi perfetti e perfettamente nudi, stringono il passaggio. Non è la prima volta per la Abramovic, che aveva interpretato in prima persona “Imponderabilia” alla Galleria di Arte Moderna di Bologna, nel 1977 e poi al MOMA di New York, insieme al suo compagno dell’epoca, il tedesco Ulay.
“All’epoca – ricorda – c’erano due uomini, due donne due transgender” così come oggi si alternano varie coppie. Quello che conta, però, è l’arte che può essere giudicata bella o brutta, ma nulla valgono il genere, il sesso o il colore dei suoi protagonisti. Eppure, nonostante non si tratti di una novità assoluta, i visitatori anche oggi risultano perplessi. Sono liberi di decidere se affrontare il passaggio evitando o favorendo il contatto e magari cercando di non pestare i piedi ai due artisti, che sono sono preparati alla prova per giorni, all’aperto, senza mangiare, per imparare cosa vuol dire la resistenza estrema.
L’alternativa per i più titubanti è quella di aggirare l’ostacolo e infilarsi in una porta secondaria. Questo, però, non è l’unico momento da strizzone allo stomaco che propone la mostra che resterà nel museo sulla Piccadilly Avenue di Londra fino al 1 Gennaio 2024. Nella stanza più scura di tutte, in fondo, contro una parete nera, c’è una donna, in carne ed ossa, stesa immobile con uno scheletro adagiato sul corpo al quale lei tiene le ossa della mano. Anche in questo caso la Abramovic aveva già mostrato al pubblico “Nudo con scheletro”, nel 2022, interpretazione che oggi viene trasmessa in un video su uno schermo a grandezza naturale che mette su due livelli perfettamente equiparabili il ricordo e la realtà. Quale sia più vero e veritiero poco conta.
Marina Abramovic respirava e ansimava con lo scheletro addosso, l’artista che reinterpreta l’artista oggi è una statua che, volente o nolente, lascia lo spettatore inconsapevole protagonista. E chissà cosa potrebbe riservare la performance dal vivo che la creativa di Belgrado ha promesso di portare nel cortile della Royal Academy. Contro di lei gioca solo il suo stato di salute, perché si sta ancora riprendendo dopo aver visto la morte in faccia per una embolia polmonare arrivata dopo un banale intervento al ginocchio, all’inizio di quest’anno.
Per questo motivo, dopo aver cercato di esprimere la sofferenza ed il dolore tutta la vita attraverso la sua arte, oggi il suo registro è cambiato completamente. “Mi sveglio ogni mattina e canto”, spiega durante l’inaugurazione della mostra, perché dopo aver temuto di morire il suo unico obiettivo ora è la felicità. Ecco perché a domanda diretta non esclude di avventurarsi nell’ultima forma di espressione artistica che ancora non ha toccato: il musical. Partner ideale? Lady Gaga, perché no? Chissà cosa ne pensa la sua ex allieva che, per una raccolta benefica già nel 2013, aveva posato nuda immersa nei cristalli per una performance diretta dalla sua maestra Abramovic. Viene da scommettere che la risposta sarebbe sì.