In queste settimane le scosse che si ripetono nella zona dei Campi Flegrei tengono in apprensione la popolazione dell’area e, in generale, tutto il Paese. L’Osservatorio Vesuviano è uno degli enti più importanti nello studio dei fenomeni in corso e sulla conoscenza e della capacità dei suoi scienziati ci si basa anche per approntare piani per mettere in sicurezza chi in quelle zone ci vive. Ed è uno dei motivi di orgoglio per ogni cittadino italiano.

Lo stesso Osservatorio Vesuviano, però, è protagonista di una storia di tutt’altro tipo, che apre uno squarcio sulle condizioni e le dinamiche lavorative in essere nel Paese. Anche l’Osservatorio Vesuviano, infatti, ha da anni deciso l’esternalizzazione di alcuni servizi, affidati in appalto tramite gara a soggetti privati.

Quella della scorsa primavera mirava ad affidare i “servizi integrati di receptionist, vigilanza, teleallarme, ronda aritmica, pulizia, sanificazione ambientale, disinfestazione, manutenzione aree esterne e a verde, fornitura dei materiali di consumo per i servizi di pulizie, smaltimento differenziato dei rifiuti, piccola manutenzione”, nell’ottica – si legge nel capitolato di gara – “di razionalizzazione delle attività che porti all’Ingv anche una maggiore efficienza nelle voci di spesa”.

La base d’asta è di poco più di 2 milioni di euro per un appalto di 3 anni. Il 28 marzo 2023 si procede con l’aggiudicazione: 13 offerte a vincere è un “raggruppamento temporaneo non ancora costituito” tra il “Consorzio Stabile Euro Global Service Grandi Appalti” e “Diem srl”, per un importo totale di poco meno di 1,4 milioni di euro (esclusi gli oneri di sicurezza, pari a 6.344€). Questo “raggruppamento temporaneo” procede a sua volta a un subappalto del servizio di guardiania alla Metronotte I.V.P. srl, che dovrà occuparsi della vigilanza notturna sui due siti di Napoli ed Ercolano (NA), da effettuarsi tutti i giorni della settimana.

La nuova società decide di disapplicare il contratto fino ad allora in uso, il ccnl Vigilanza e Servizi Fiduciari – firmato da Cgil, Cisl e Uil – e di utilizzare, invece, quello siglato dalla Cisal. Da quel momento inizia la battaglia dei due lavoratori addetti alla vigilanza, sostenuti dal sindacato Usb che ha denunciato la vicenda e tenuto un incontro in Prefettura.

Perché? Giudicate un po’ voi: col passaggio al ccnl Cisal la paga base passa da 1.328€ a 1.012€; le ore ordinarie mensili aumentano da 172 a 208; non vengono riconosciuti gli scatti di anzianità fino a quel momento acquisiti (126€ mensili); le giornate di ferie crollano da 26 a 22 ogni anno e non si prevedono più permessi; le ore di lavoro straordinario vengono retribuite 5€ l’una e non più 10€; infine, sparisce la quattordicesima e la malattia non viene più pagata al 100%, ma i primi tre giorni a carico dell’azienda non sono retribuiti.

Secondo i calcoli dell’Usb, il passaggio contrattuale comporta la perdita di circa 7.000€ l’anno per ogni lavoratore. Per lavoratori che già prima non navigavano nell’oro significa un impoverimento che dà le vertigini. Ciliegina sulla torta: il nuovo contratto è a tempo determinato e non più indeterminato, col rischio che i due lavoratori si trovino per strada alla scadenza dell’appalto.

Questa è una delle piccole storie che costellano il nostro Paese e che evidenziano la feroce aggressività da parte di imprese che cercano in ogni modo di aumentare i margini di profitto. Messe insieme, costituiscono un affresco su cui è possibile avanzare alcune riflessioni e proposte:

1. I “contratti pirata” esistono e, sebbene coprano un numero non altissimo di lavoratori, sono un fenomeno in espansione che crea sofferenza sociale. A promuoverli sono sindacati che difendono meglio gli interessi dell’imprenditoria (cioè della “controparte”) che non quelli dei lavoratori. Gli stessi sindacati che, strana coincidenza, intrattengono ottimi rapporti con l’ultradestra di governo. Basti vedere la partecipazione di ben quattro ministri al congresso proprio della Cisal nell’aprile 2023.

I “contratti pirata” sono da eliminare: l’introduzione per legge di un salario minimo di 10€ lordi l’ora, come prevede la Legge di Iniziativa Popolare promossa da Unione Popolare e per la quale è possibile firmare presso tutti i Comuni d’Italia nonché ai banchetti organizzati nel Paese, li renderebbe irregolari e obbligherebbe imprese e sindacati “gialli” a rispettare i minimi.

2. La dicotomia “contratti pirata”/“contratti regolari” in molti casi è fuorviante. Nel caso in questione i due lavoratori si battono per la disapplicazione del contratto Cisal e per il ritorno a quello Cgil-Cisl-Uil. Anche in caso di vittoria, però, le paghe rimarrebbero basse (poco più di 5€ l’ora per il livello base). L’introduzione per legge di un salario minimo permetterebbe a decine di migliaia di persone di vedersi riconosciuto uno stipendio in linea con l’art. 36 della Costituzione, secondo cui “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione […] sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

3. Lavoro povero ed estrema precarietà sono sempre più associati al sistema di appalti e subappalti. L’esternalizzazione di numerose attività ha prodotto una giungla nella quale a far le spese della violenza di “prenditori” alla ricerca del massimo profitto, sono i lavoratori. Si tratta spesso di attività “insopprimibili”: servizi di pulizia, di guardiania, ecc., sono fondamentali, pur non configurandosi come “core business” di molti enti. Un motivo in più per re-internalizzarli, consentendo agli enti un miglior funzionamento e ai lavoratori un rifugio dall’oceano di precarietà e bassi salari che si soffrono nelle catene di appalto/subappalto.

Quest’inversione di tendenza non solo è necessaria, ma possibile, come mostra il caso dell’Inps. Il salario minimo è condizione necessaria ma non sufficiente per affrontare il lavoro povero. Bisogna accompagnargli un pacchetto di altre misure, che vanno dal rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro per contrastare il lavoro nero e irregolare (compresi i falsi part-time) alla lotta alla precarietà, di cui il superamento di appalti e subappalti è componente essenziale.

Per un programma di tale portata, le battaglie sindacali non sono sufficienti. Serve una battaglia culturale e politica di ampio respiro. Che miri agli obiettivi di lungo periodo di dare dignità e potere ai lavoratori, senza dimenticare l’urgenza di risposte nel breve periodo: la vita quotidiana di milioni di persone non può attendere.

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