Per ora nulla si è mosso ma forse è solo questione di giorni: dal Parco Archeologico fanno sapere che la prossima settimana la dirigente dell’Ufficio Bilancio e pagamenti del ministero dei Beni culturali si attiverà per risolvere la questione
Sembra la scena di una commedia degli equivoci invece è solo un intoppo causato dalla burocrazia italiana. Tutto è cominciato lo scorso 23 giugno, a Roma, quando Ivan Danailov Dimitrov, ventisettenne inglese di origini bulgare, era stato beccato mentre incideva con una chiave il suo nome accanto a quello della fidanzata, su un muro del Colosseo. Quel “Ivan+Hayley 23” inciso su pietra era l’ennesimo atto vandalico ai danni del monumento simbolo dell’Italia nel mondo e solo grazie al video girato da un altro turista, gli investigatori erano stati in grado di identificare Dimitrov e fermarlo pochi giorni dopo, commutandogli una multa di 965 euro. Che però, ad oggi, ancora non è stata saldata a causa della mancata segnalazione dell’Iban su cui effettuare il bonifico.
La multa con la cifra da pagare è stata infatti puntualmente notificata ma a distanza di tre mesi, e nonostante diversi solleciti da parte della Procura di Roma e dell’avvocato difensore del turista, nessuno ha ancora fornito gli estremi per il pagamento. “Ringrazio il pm per il senso della misura dimostrata nella scelta concordata sulla pena ma insieme al magistrato ci siamo dovuti scontrare contro la burocrazia della pubblica amministrazione, degna di un Paese centro-africano degli anni ‘80 e che andrebbe ridimensionata dalla politica”, ha commentato l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, che difende Dimitrov con la collega Maria Valentina Miceli. “Trovo assurdo che la legge imponga una condizione per la concessione della sospensione della pena e la pubblica amministrazione, di fatto, impedisca di realizzarla”.
A raccontare la situazione è stato Il Messaggero, riportando tutti i passaggi della surreale vicenda, che comincia con la lettera di pubbliche scuse del turista, inclusi i passaggi che hanno portato alla multa: per ottenere la sospensione condizionale della pena, Dimitrov si era infatti offerto di risarcire il danno causato e il Pubblico ministero titolare del fascicolo, Nicola Maiorano, aveva dato il suo consenso. Così, pochi giorni dopo l’accaduto, a fine giugno, Barbara Nazzaro, architetto e funzionario del Parco Archeologico del Colosseo, aveva stilato una relazione in cui spiegava che per ripristinare il laterizio ottocentesco sfregiato sarebbero occorsi due giorni di lavoro da parte di un restauratore di livello alto, noleggio di attrezzature e acquisto di materiali, per un totale di 965 euro più Iva.
La multa a quel punto è stata notificata ma tre mesi dopo non è ancora chiaro a chi dovrà pagarla, tanto che si è dovuto muovere persino il I gruppo della Polizia locale di Roma Capitale, delegato dalla Procura ad “acquisire le coordinate bancarie del Parco Archeologico del Colosseo”. Per ora nulla si è mosso ma forse è solo questione di giorni: dal Parco Archeologico fanno sapere che la prossima settimana la dirigente dell’Ufficio Bilancio e pagamenti del ministero dei Beni culturali si attiverà per risolvere la questione, comunicando l’Iban sul quale il “vandalo pentito” dovrà versare la cifra. Tutto è bene ciò che finisce bene.
Aggiornamento del 10 ottobre ore 13.00 – Riceviamo e pubblichiamo quanto segue:
In riferimento agli articoli di stampa, relativi alla mancata comunicazione degli estremi bancari al turista che lo scorso 23 giugno aveva danneggiato una muratura in laterizio del Colosseo, il Parco archeologico del Colosseo precisa di essersi tempestivamente attivato subito dopo aver ricevuto la richiesta. Nel merito si precisa che, dopo aver effettuato tempestivamente la propria denuncia al Comando Carabinieri Piazza Venezia, il Parco archeologico del Colosseo non ha più ricevuto alcuna comunicazione ufficiale relativamente al procedimento penale da parte dell’Autorità giudiziaria, né dagli organi di polizia delegati. Nello specifico nessuna richiesta è pervenuta dalla Polizia locale di Roma Capitale, che, secondo quanto riferito dagli organi di stampa, sarebbe stata delegata ad acquisire l’Iban dello stesso Parco.
Solo in data 3 ottobre u.s., infatti, veniva recapitata per la prima volta dopo tanti mesi, una mail, peraltro non all’indirizzo ufficiale del Parco, contenente la richiesta dell’avvocato Maria Valentina Miceli di poter acquisire l’IBAN del Parco archeologico del Colosseo, al fine di consentire all’assistito di definire la sua posizione processuale attraverso il pagamento dell’importo relativo alle spese di ripristino.
Lunedì 9 ottobre il Parco archeologico del Colosseo ha provveduto a tramettere tutte le informazioni necessarie al buon esito della transazione a soli tre giorni lavorativi dalla richiesta informale. Nel merito, si evidenzia che il Parco archeologico del Colosseo, ribadendo il proprio impegno nel preservare il patrimonio culturale, ha da sempre attivato una massima e tempestiva collaborazione con l’Autorità giudiziaria e con le forze di polizia al fine di contrastare e reprimere qualsiasi atto contro il patrimonio culturale e di garantire che chi arreca danni debba rispondere in prima persona della sua condotta.