di Marco Biagiotti
Dopo la relazione del Cnel, presieduto dall’immarcescibile Brunetta, col quale si è chiuso al salario minimo con l’affermazione che i contratti nazionali sono più che equi, bisogna fare una riflessione su quanto sta accadendo in questi anni, che definisco di transizione da un contratto equo ed uno povero.
Oggi, in una qualsiasi azienda, convivono lavoratori che si avvicinano alla pensione, assunti con contratti di più di trent’anni fa, e lavoratori neoassunti con i nuovi contratti. I primi percepiscono stipendi decorosi che nascono da una contrattazione fatta in anni in cui il sindacato, i lavoratori avevano ancora un peso ed una valenza sociale che li metteva nella posizione di avere una capacità contrattuale molto alta. I secondi si trovano ad essere assunti con contratti capestro, seppur legali, che devono accettare per forza in mancanza di altre opportunità.
Per cui ci troviamo in una situazione per cui due lavoratori, nella stessa azienda, con le stesse mansioni, con gli stessi turni, percepiscono due stipendi diversi che possono arrivare ad essere uno il doppio dell’altro. Signor Brunetta, la domanda sorge spontanea, quale dei due è quello equo?
La transizione definitiva avverrà nel momento in cui tutti i vecchi contratti saranno estinti ed il lavoro povero sarà la normalità. Bisogna fermare questo passaggio e fare tutti un grande lavoro per affermare un salario minimo sotto il quale non si può pensare di offrire la propria vita. Non possiamo permettere che la vita dei nostri giovani possa essere condizionata dalle decisioni di un signor Brunetta o di una Giorgia qualsiasi.