È un bollettino di guerra quello che arriva da Gaza ma non è una guerra. I morti e le violenze, gli scenari che si aprono, l’arrivo delle portaerei Usa nell’est del Mediterraneo: tutto sembra apocalittico, come in una guerra. Ma stiamo assistendo ad un altro scenario.

È quello tragicamente atteso ed inevitabile quando un popolo viene ghettizzato dentro una striscia di terra senza acqua, aria, cibo, in grado solo di assistere impotente alle provocazioni nei propri luoghi santi, anche contro i pellegrini cristiani, alle prepotenze contro i civili, ad un bilancio di morti incredibilmente alto e rimosso dai Paesi Arabi e da tutta la Comunità internazionale. L’attacco di Gaza verso Israele e la mobilitazione della popolazione civile palestinese nei territori occupati, l’ondata di rabbia violenta, sono germogliati dentro l’apartheid – sì: la separazione razziale – e la pulizia etnica verso la Palestina. E questa è l’unica cosa certa che davanti a noi.

Le prospettive di nuove sofferenze per tutte le popolazioni civili di quell’area sono altissime e non possono che angosciare chi, come noi, guarda da lontano, dal proprio comodo salotto, con partecipata sofferenza: ma, santodio, smettiamo di fermarci allo scandalo: ‘che orrore questa violenza! Bisogna fermare Hamas!’. Svegliamoci invece dal torpore che avvolge tutto l’Occidente e non solo. Esiste un intero movimento, quello dei Coloni israeliani, che teorizza la scomparsa della Palestina, appoggiati da un governo fascista e corrotto: anziché sorprendersi, i Coloni si guardino in faccia. E si facciano un esame di coscienza. Così la popolazione israeliana, capace di esprimere lo sdegno verso le nefandezze del primo ministro ma dimentica dell’occupazione militare dei vicini palestinesi; svegliamoci noi tutti e chiediamo ai nostri Governi di smetterla di essere complici della pulizia etnica in Palestina, di riconoscere ai palestinesi la liberazione dei prigionieri politici – quei bambini in carcere sono un orrore! – basta con l’embargo a Gaza, si trovi una soluzione ai profughi palestinesi da anni costretti all’esilio dalla loro terra. Si aprano le porte della liberazione nazionale per disinnescare subito ogni violenza: in quell’area non dovrebbe esserci armi, per nessuno. Si disarmi Hamas ma insieme all’esercito israeliano!

Se non vogliamo che la violenza continui ad essere protagonista assoluta della scena mediorientale si isoli il rapace governo israeliano che ha perso ogni barlume di ragionevolezza e il resto verrà (quasi) da sé.

Ebbene, se tutto questo è la soluzione, è pur vero che il mondo va da un’altra parte. Finche ci sarà questo ordine mondiale, vige la legge del più forte e non c’è via d’uscita, temiamo. Dopo anni di dibattiti, confronti, discussione, negoziati, accordi di pace, voyeuristiche strette di mano, è triste fermarsi e prendere atto che l’ordine mondiale attuale si fonda anche sulla prepotenza di una piccola potenza regionale, Israele, che non vuole riconoscere l’esistenza di uno Stato accanto a sé. E su un intero Medio ed estremo Oriente in permanente caos.

Finché l’ordine mondiale sarà nelle mani di una potenza che non è più potente ma mostra i muscoli, gli Stati Uniti, e finche le nuove altre potenze, la Cina, la Russia – cui forse va ormai aggiunta anche l’India – non saranno capaci di determinare nuovi assetti, molto probabilmente si andrà avanti con quel quadro di orrore. Una guerra mondiale parcellizzata. Solo un nuovo ordine mondiale porterà nuova vita a Gaza e in Cisgiordania. E a noi tutti.

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