Tra i quasi quaranta “nuovi patogeni” tornati in auge o scoperti a cavallo della fine del Novecento e l’inizio degli anni Duemila, c’è il virus Dengue, responsabile di una malattia tra le più diffuse e studiate in alcune aree del mondo. Fin dalla sua prima segnalazione, e per gli anni successivi, la Dengue è stata considerata una malattia esclusivamente tropicale, poiché si trasmetteva attraverso la puntura di zanzare del genere Aedes. Oggi, invece, è il classico esempio di quanto il cambiamento climatico produca effetti sull’incidenza delle malattie infettive: dagli anni Ottanta ad oggi il vettore di questa malattia non è più soltanto localizzato in aree tropicali o subtropicali, ma ha raggiunto latitudini un tempo impensabili arrivando addirittura fino a zone meridionali della Siberia. Ne deriva, come primo effetto, che tale malattia sia diventata endemica anche in altre parti del mondo, trasformandosi da patologia tropicale a malattia cosmopolita.
La Dengue, malattia virale causata da quattro sierotipi di Flavivirus, colpisce ogni anno nel mondo milioni di persone, soprattutto tra i più piccoli, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Cifre probabilmente sottostimate, perché in molti casi la malattia non viene identificata dai medici curanti, visto l’assenza di segni clinici a cui è associata o i sintomi generici che produce: febbre in neonati, bambini e adulti, mal di testa, dolori muscolari e articolari. Solo in rari casi provoca gravi emorragie potenzialmente fatali (meno dell’5% delle persone).
Tuttavia a livello globale, sempre secondo l’OMS, i tassi di Dengue sono aumentati di otto volte a partire dal 2000, raggiungendo gli oltre quattro milioni di casi nel 2022. Non a caso è diventata molto presente anche in Europa: negli ultimi anni focolai sono stati confermati in diversi Paesi tra cui Croazia, Francia, Spagna e Italia. Spesso associati a viaggi all’estero, come quindi casi di importazione da aree tropicali, ma di recente si sono verificati anche alcuni casi autoctoni. In totale, secondo un recente report dell’Istituto Superiore di Sanità, i casi accertati in Italia sono quasi 250 (molti concentrati in Lazio e Lombardia) e continueranno a salire probabilmente fino a inizio novembre.
La Dengue ha un tasso di mortalità per fortuna molto basso, ma l’importanza della sorveglianza e delle misure preventive deve rimanere invece alta. Del resto, ciò vale anche per molte altre tipologie di malattie esotiche che, per decenni lontane da noi, non sono mai state approfondite sia nei corsi di studio, sia nell’approccio clinico o terapeutico e ancor meno nei laboratori di ricerca. Ma adesso esse sono sempre più comuni e alcuni patogeni sono diventati globalmente diffusi: ciò ha fatto sì che cambiasse anche l’atteggiamento del mondo accademico e medico, trovatosi di fronte a patologie infettive che, anche per effetto del cambiamento climatico, erano prima meno note mentre oggi possono potenzialmente diventare un’emergenza.