Scienza

Stress post-traumatico, dalla sperimentazione con Ecstasy una speranza di ridurre sintomi e deterioramento funzionale

Decessi, violenze e incidenti, così come terremoti, inondazioni e altri tragici eventi, hanno spesso qualcosa in comune: l’insorgenza di gravi conseguenze psicologiche sui superstiti. Di queste conseguenze, i disturbi da stress post-traumatico sono tra le più comuni. Il Ptsd o disturbo da stress post-traumatico è una forma di disagio mentale che provoca sintomi diversi, da ricordi ossessivi, a stato di allarme e agitazione a insonnia, e che ha iniziato ad essere studiata negli Stati Uniti a partire dalla guerra del Vietnam e dai suoi effetti particolarmente cruenti sui veterani di guerra. Un problema che si verifica sia negli adulti che nei bambini e per cui spesso l’unica cura percorribile è un mix di terapie psicologica e di farmaci.

Ora, un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine allarga le scoperte in quest’ambito, confermando l’efficacia e la sicurezza in fase III di un nuovo farmaco. La Mdma (metilendiossimetamfetamina). La Mdma è comunemente nota come Ecstasy, la droga dei rave e delle discoteche e agisce principalmente sui neuroni che producono e rilasciano serotonina, ma agisce anche sui neuroni dopaminergici. La ricerca condotta su un ampio campione di individui ha dimostrato che la terapia assistita con Mdma riduce i sintomi e l’impairment funzionale (deterioramento, ndr) in persone affette da disturbo da stress post-traumatico moderato o grave. Già lo studio precedente, condotto dallo stesso team di lavoro di Jennifer Mitchell dell’Università della California a San Diego negli Stati Uniti aveva dimostrato che la terapia assistita con Mdma era ben tollerata e aveva raggiunto gli obiettivi primari e secondari dello studio, ovvero la riduzione della gravità dei sintomi del Ptsd e la diminuzione dell’impairment funzionale nelle persone affette da Ptsd grave.

Tuttavia, non era chiaro se queste scoperte potessero essere applicate a popolazioni con sintomi moderati di Ptsd o a individui con un rischio notevolmente più alto di sviluppare il Ptsd. A causa delle disparità nell’esposizione al trauma, le minoranze etniche, insieme alle persone di genere diverso e transgender, ai soccorritori, al personale militare, ai veterani e alle vittime di abusi sessuali cronici, presentano un rischio significativamente maggiore di sviluppare il Ptsd. I ricercatori hanno quindi condotto un nuovo studio clinico randomizzato di fase 3 per valutare l’efficacia e la sicurezza della terapia assistita con Mdma rispetto alla terapia con placebo (come gruppo di controllo) somministrata per 18 settimane a 104 partecipanti con diagnosi di Ptsd moderato o grave.

I partecipanti allo studio erano diversificati, con il 34% che identificava la propria etnia come non bianca e il 27% come ispanica o latina. Gli autori riportano che la terapia assistita con Mdma ha ridotto i sintomi del Ptsd rispetto alla terapia con placebo. Alla fine dello studio, il 71,2% dei partecipanti nel gruppo della terapia assistita con Mdma non soddisfaceva più i criteri diagnostici per il Ptsd, rispetto al 47,6% dei partecipanti nel gruppo della terapia con placebo. Hanno inoltre sottolineato che la terapia assistita con Mdma è stata ben tollerata, senza decessi o eventi avversi gravi identificati. Queste scoperte, gli autori concludono, confermano e ampliano i risultati osservati nel loro studio precedente, suggerendo che la terapia assistita con Mdma potrebbe essere efficace come trattamento per una popolazione più ampia di individui affetti da Ptsd.

Lo studio

Lella Simone