Il disastro del Vajont è caricata da “pesanti responsabilità umane, di scelte gravi che venivano denunziate, da parte di persone attente, anche prima che avvenisse” la tragedia. A dirlo nel giorno del sessantesimo anniversario dell’inondazione che provocò quasi 2mila morti e spazzò via 5 paesi al confine tra Friuli e Veneto è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’effetto del disastro, ha ricordato il capo dello Stato, fu “paragonato a quello determinato dallo spostamento d’aria derivante dall’esplosione di un ordigno nucleare”. L’Onu, ha rammentato ancora il presidente, ha “classificato questo evento come uno dei più gravi disastri ambientali della storia che sia stato provocato dall’uomo”. Per questo, ha sottolineato Mattarella, il Parlamento ha scelto proprio il 9 ottobre come Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’uomo.

Il presidente della Repubblica ha parlato da Erto e Casso (in provincia di Pordenone), vicino alla diga. Prima di raggiungere la tensostruttura da dove ha tenuto il suo discorso, il capo dello Stato ha visitato la diga, percorrendone la passerella. Alla cerimonia hanno partecipato tra gli altri anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana e i presidenti delle Regioni Massimiliano Fedriga Luca Zaia. Mattarella è stato accolto da un lungo applauso e dall’inno di Mameli, intonato sul palco da alcuni coristi. Poco prima Mattarella aveva visitato il cimitero monumentale di Fortagna, nel Bellunese, dove ha deposto una corona e ha incontrato per qualche minuto una rappresentanza dei 55 reduci, presenti con le loro famiglie. Il momento più commovente è avvenuto quando un coro di 487 bambini ha sollevato in aria i nomi di altrettanti coetanei morti per effetto del disastro, dedicando poi un canto di montagna in friulano, in ricordo delle vittime della sponda opposta travolta dall’onda di distruzione. Il cimitero di Fortogna nacque, di fatto, la mattina del 10 ottobre 1963 di fronte alla spianata livida di fango dove un tempo cresceva il granturco. Il cimitero originario contava 1.464 croci, di cui solamente 700 hanno un nome. L’attuale, inaugurato nel 2004, è un giardino su cui poggiano 1.910 cippi marmorei bianchi, uno per ogni vittima, a prescindere dal luogo del ritrovamento. Mattarella ha parlato dei “silenti monumenti alle vittime, a quelle inumate nei cimiteri, a quelle sepolte per sempre nei greti dei corsi d’acqua, sulle pendici: donne, uomini, bambini. Cinquecento bambini”. “Sono tormenti che, tuttora – sessant’anni dopo – turbano e interrogano le coscienze”.

Il capo dello Stato ha parlato delle “storie di luoghi che non ci sono più, storie di luoghi che la tenacia degli abitanti ha voluto far rivivere dopo la tragedia”: Longarone, Pirago, Maè, Villanova e Rivalta, Frasèin, Col delle Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, Faè, Erto e Casso. “Oggi – ha spiegato Mattarella – ci troviamo in un Parco, quello delle Dolomiti Friulane che, nella bellezza di questi luoghi dedica, doverosamente, percorsi alla memoria. Siamo di fronte a due quadri: questo paesaggio, quello delle Prealpi Carniche. E la diga, creazione artificiale. Entrambi, oggi, silenti monumenti alle vittime”. “Immenso sacrario a cielo aperto che si accompagna al Cimitero di Fortogna, mausoleo nazionale. Riflettiamo: la frana, la sparizione, nel nulla, di un ambiente, di un territorio, di tante persone. La cancellazione della vita“.

Mattarella ha ricordato ancora le parole del “generale Giampaolo Agosto, allora giovane ufficiale del 6° Reggimento artiglieria da montagna, intervenuto con gli uomini al suo comando, nelle ore immediatamente successive alla tragedia, ha ricordato, in queste settimane, che i suoi soldati, di fronte a tanto orrore, avevano gli occhi fissi nel vuoto. Vogliamo sforzarci, oggi, di immaginare di specchiarci anzitutto negli occhi di coloro che non ci sono più; che, quando giunsero gli alpini, non c’erano più. Negli occhi dei soccorritori. Negli sguardi severi dei sopravvissuti. Negli occhi di chi oggi è, qui, depositario di questi territori. Per poter dire che la Repubblica non ha dimenticato“. Per il presidente non è solo “opportuno” ma anche “doveroso” che la documentazione del processo sul disastro rimanga nel territorio. “Quella documentazione era stata, necessariamente, raccolta nei luoghi del giudizio penale perché aveva allora una finalità giudiziaria. Conclusi, da tanti anni, i processi, oggi riveste una finalità di memoria e ciò che attiene alla memoria deve essere conservato vicino a dove la tragedia si è consumata”. Un passaggio, quello del presidente della Repubblica, sottolineato da un lungo applauso. Il presidente del Veneto Luca Zaia ha rimarcato la questione delle responsabilità. “Con vergogna – ha dichiarato – bisogna dire che solo due persone sono state condannate, a cinque anni e a tre anni e 8 mesi: questo è il risultato di 1.910 morti. Oggi è fondamentale rinnovare il ricordo, però siamo qui anche per trarre un insegnamento e tornare a casa tutti con un impegno”. “Dovremmo riaffermare – ha concluso – che l’uomo non è immortale e invincibile davanti alla natura”.

Il capo dello Stato ha dedicato lunghi brani del suo discorso alle questioni della tutela dell’ambiente e del rapporto tra uomo e natura. “Occuparsi dell’ambiente, rispettarlo, è garanzia di vita” dice Mattarella . “Per evitare – prosegue – atteggiamenti di indifferenza, di presunzione, di superiorità rispetto ai segnali della natura. Pagati qui a così caro prezzo. Per non capitolare a quello che il presidente Fedriga ha definito “desiderio cieco dell’uomo di piegare la natura a proprio piacimento al fine di ottenere il massimo profitto”. “A un intervento dell’uomo che si traduce in prevaricazione, corrisponde la violenza della natura”, afferma Mattarella. Il presidente della Repubblica, in un altro passaggio, aveva ricordato che “la sapienza delle popolazioni locali, in antica intimità con l’ambiente, sa temere” la “violenza della natura”, “da cui cerca riparo”. “L’interazione dell’uomo con la natura è parte dell’evoluzione della natura stessa – afferma Mattarella. Perché l’uomo è parte della natura, ma non deve divenirne nemico. Non si tratta di un tema di esclusivo carattere ecologico. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua recentissima esortazione. Si tratta di saper porre attenzione e saper governare, con lungimiranza, gli squilibri che interpellano, mettendo in discussione, l’umanità stessa”.

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