L’Europa non è ancora pronta per l’auto solare. Dopo la tedesca Sono Motors, che aveva rinunciato al progetto a inizio anno dopo ripetuti tentativi di “salvataggio” dell’operazione, anche la danese Lightyear è stata costretta a riporre il sogno nel cassetto.
Seppur in tempi diversi, le due start-up hanno deciso di concentrarsi sulla fornitura di componenti per altri costruttori che intendono sfruttare i sistemi fotovoltaici per rendere più efficienti i propri veicoli e aumentarne la percorrenza.
La decisione della Lightyear, che aveva inizialmente annunciato piani ambiziosi per una vettura da 250.000 euro lunga 5,1 metri e con un’autonomia quotidiana fino a 70 km grazie all’energia solare, arriva a pochi mesi di distanza da quella della Sono Motors, che pianificava invece una macchina, la Sion, da 4,5 metri e 112 km settimanali di percorrenza fotovoltaica.
La società scandinava aveva avviato la produzione del costoso modello in Finlandia, presso lo stabilimento della Valmet, alla fine dello scorso novembre. Ma solo un ridotto e imprecisato numero di auto ha veramente lasciato il sito e già a gennaio inoltrato la produzione era stata interrotta e mai più ripresa. L’esperienza maturata e le risorse raccolte avrebbero dovuto servire per lo sviluppo della più accessibile Lightyear 2 per la quale il fondatore e Ceo Lex Hoefsloot aveva annunciato un elevato numero di pre-ordini (quasi la metà dei quali da parte del gruppo francese Arval) per un controvalore di circa 840.000 euro. La macchina avrebbe dovuto debuttare nel 2025 ad un prezzo attorno ai 40.000.
Nemmeno con l’arrivo quale Chief Operational Officer, lo scorso dicembre, dell’ex responsabile degli acquisti di Audi, Bernd Martens, la Lightyear è riuscita a raddrizzare la situazione: il manager, del resto, ha lasciato la società già in settembre.
La nuova revisione dei piani comporterà anche la soppressione di diversi posti di lavoro, esattamente come era accaduto alla bavarese Sono Motors, chiamata a separarsi da 300 dei 400 occupati poiché il progetto dell’auto solare richiedeva l’impegno del 90% delle risorse. Hoefsloot non si è sbilanciato circa il numero dei collaboratori che perderanno il posto.
L’auto solare – sia la Sion sia la Ligthyear montavano comunque batterie che necessitavano di ricariche “convenzionali” – aveva riscosso interesse: alle 21.000 prenotazioni raccolte dalla società danese si aggiungono i 45.000 (fra i quali anche ordini veri e propri e caparre) della Sono Motors.
Assetata di greggio e affamata di elettricità, l’Unione Europea potrebbe ridurre i propri fabbisogni anche con una mobilità meno energivora, ma non ha creduto nell’auto solare. In Cina, invece, dalla quale i costruttori del Vecchio Continente dipendono per volumi (le case tedesche in particolare) e per componenti e materie prime, i progetti e le ricerche sull’auto solare vanno avanti.