Immersi nelle quotidiane cronache di giovani scapestrati che si schiantano con Suv per fare video su TikTok distruggendo anche vite altrui o in quelle che raccontano di continue risse e sparatorie per futilità nelle discoteche, non ci sarebbe da avere molta fiducia nelle nuove generazioni. Invece stavolta l’impressione è quella di trovarsi di fronte alla riunione di un nuovo culto. Di certo, tutti i suoi adepti raramente raggiungono i trent’anni. Sono italiani di ogni regione ma oggi parlano rigorosamente in inglese e vestono senza nessuna attenzione a qualsiasi moda o marchio. Potrebbero essere giovani californiani della Silicon Valley in trasferta, sandali, pantaloncini e t-shirt sulle quali campeggiano loghi sconosciuti ai più.
La loro è una ricerca ma anche un vera e propria fede. Sono i ragazzi del Web 3.0, quelli che pensano che Internet debba essere libera e senza controlli, soprattutto assolutamente diffusa e rispettosa della privacy di chi la utilizza. Sono i sedicenti hacker di ETH Rome che in più di trecento, da venerdì 6 a domenica 8 ottobre, si sono radunati alla Città dell’altra economia (mai luogo fu tanto appropriato) per raccontare il loro mondo online ideale e – possibilmente – creare dei nuovi strumenti informatici per migliorarlo. Una vera e propria maratona di cervelli che come afferma Simone Staffa, Presidente dell’associazione urbe.eth, vuole mettere al centro della Rete le potenzialità infinite della tecnologia Blockchain, spesso associata erroneamente solo al mercato speculativo delle criptovalute.
Certo, scegliere l’indolente Roma per un evento tanto innovativo, soprattutto dal punto di vista mentale, sembrerebbe un controsenso, ma questi giovani ‘ci credono davvero’. A tratti sembra persino di cogliere l’atmosfera etica che aleggiava un tempo nelle associazioni di giovani cattolici.
Il loro credo però è totalmente laico e comprende la depoliticizzazione della moneta, l’auto sovranità, la neutralità politica (né di destra, né di sinistra: vi ricorda qualcosa?), il rifiuto della mediazione nell’attingere ai contenuti in rete, e soprattutto di ogni forma di censura, la collaborazione volontaria, la trasparenza, l’assenza di permessi, una legge basata solamente su istruzioni di un codice informatico.
Se vi sembra tutto molto utopico nel regno di Google e Facebook e con le Intelligenze Artificiali incombenti, sappiate che questi ventenni si rifanno niente meno che ad un premio Nobel per l’economia del 1974, Friedrich Hayek: «Non credo che avremo mai una buona moneta prima di sottrarla al controllo dei governi. Non potremo farlo con la violenza, ma quello che possiamo fare è agire in modo subdolo e indiretto, finché non potranno più fermarci».
Ecco, loro sentono che nessun potrà più fermare questa loro rivoluzione, per adesso d’elite. Non li troverete mai su nessun social media conosciuto eppure saranno sempre in rete tra loro, per progredire e far progredire la loro idea di Internet. Un’idea molto diversa dalla realtà attuale, diventata terreno di gioco del capitalismo mondiale e che in un certo senso connota questi utopici libertari nel solco di un socialismo del futuro. «Le proprietà che sosteniamo sono diritti, e non sono sostenuti solamente da individui, ma piuttosto donati a coloro che partecipano all’ordine, per autorità dell’ordine, del protocollo. Siamo individui soggetti a un ordine crittografico».
Inserito in un calendario internazionale di eventi, ETH Rome è stato organizzato da urbe.eth, associazione non profit e community romana che raccoglie oltre 600 programmatori e appassionati del settore che hanno lavorato come volontari per un anno per la realizzazione di questo hackathon.