Gianluca Pini, imprenditore ed ex deputato della Lega Nord, arrestato lo scorso giugno in una inchiesta anti corruzione, ha chiesto tramite i suoi legali di patteggiare attraverso un accordo con le Procure di Forlì e di Bologna. L’accordo prevede una pena a due anni con la possibilità quindi di evitare il carcere grazie alla sospensione condizionale. Pini era stato sottoposto a custodia cautelare a partire dal 22 giugno, ma dal 7 luglio è agli arresti domiciliari. L’inchiesta era nata da un’indagine per traffico di droga

La Procura, guidata da Maria Teresa Cameli, ha accettato l’accordo proposto dalla difesa di Pini, comprese le imputazioni pendenti presso la Procura di Bologna. Ora spetta ai giudici per le indagini preliminari dei Tribunali di Forlì e di Bologna valutare e approvare le pene concordate. Nell’accordo è prevista anche l’acquisizione al patrimonio dello Stato di beni mobili e immobili, già sequestrati e messi a disposizione da parte di Pini, per un valore di circa 780.000 euro, oltre a una somma di denaro di 20.000 euro da versare alle amministrazioni pubbliche coinvolte nei fatti di corruzione. La Procura di Forlì ha richiesto la revoca della misura cautelare nei confronti di Pini in seguito all’accordo.

Le accuse a Pini riguardano corruzione e truffa ai danni dello Stato, principalmente legate alla fornitura di mascherine e dispositivi di protezione all’Ausl Romagna durante l’emergenza Covid. L’avvocato difensore di Pini sottolinea che non costituisce un riconoscimento di colpevolezza da parte dell’ex deputato la richiesta di patteggiamento. Archiviata l’accusa di autoriciclaggio per aver incassato il denaro dell’appalto delle mascherine nella sua società di imprenditore che, però, ha come business l’importazione di caffè e la ristorazione, con diversi ristoranti a Forlì. Dall’indagine emersero anche i rapporti con l’ex direttore dell’Agenzia delle Dogane Marcello Minenna in occasione di difficoltà ai controlli doganali delle partite di mascherine, rapporti che, secondo la Procura, facevano parte di un vero e proprio “pactum sceleris” che avrebbe prodotto “l’asservimento della sua funzione pubblica (di Minenna, ndr) alle richieste di Pini in occasione di importazione di merci”. Ma l’ordinanza di custodia cautelare di Minenna era stata annullata dal Tribunale del Riesame di Bologna.

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