Televisione

Israele-Hamas, la guerra? Impossibile informarsi in tv: da De Girolamo a Berlinguer, l’erba del vicino è sempre più secca

di Claudia Rossi

Un telespettatore armato di coscienza e smanioso di conoscenza decide di informarsi sulla guerra Israele-Hamas. È un telespettatore intellettualmente onesto, quindi ammette di sapere poco del passato e persino del presente. Fiducioso e stanco di scrollare social e siti internet, accende la cara vecchia tv perché spera in una sorta di “guida” e – mica scemo – parte dal servizio pubblico: chi meglio della Rai può, anzi deve, offrire un approfondimento fatto come si deve sulla questione più drammatica e stringente?

RaiUno, Morgane – Detective geniale. Una serie tv. Lo spettatore – mica scemo è bene ribadirlo – sa che la guerra non alza l’asticella della share. Non è cinico, o forse un po’ sì, comunque certe faccende le sa anche la casalinga di Voghera che, dicono, non esiste più. Sarebbe tentato dal citare Boris ma non lo fa, s’inventa lui una cosa che suona come “chissenefrega delle migliaia di persone uccise quando si può vedere una brillante detective condurre un’indagine su un morto solo?”. RaiDue, pensa, sicuramente avrà imbastito un grande speciale. E invece no, come da palinsesto c’è Francesca Fagnani con Belve che offre un’intervista a Emma Bonino (“la recupererò”, pensa il nostro eroe del minischermo) e poi cade nel kitsch – non nel trash – con Federico Fashion Style e Stefania Nobile. Lo spettatore determinato non si arrende: RaiTre. Non si può sbagliare. Quello che non sa, povero lui, è che il peggio è proprio lì acquattato sulla terza rete del servizio pubblico: Avanti Popolo!, conduce Nunzia De Girolamo. Quando la vede intervistare il di lei marito Francesco Boccia si stropiccia gli occhi, un certo nervosismo lo sopraffà. L’intervista dura come il cammino di Santiago de Compostela (se uno la accende in cuffia – per puro masochismo – nel punto di partenza, arriva alla meta e forse quei due stanno ancora parlando). Arriva poi un momento dedicato alla guerra Israele-Hamas: il servizio è buono, l’inviata Lucia Goracci da Tel Aviv preziosa. Ma quando De Girolamo dice “a kibbutz”, come fosse una città, lo spettatore si mette un cuscino di fronte agli occhi dall’imbarazzo, incredulo. Peraltro lo spazio dura poco. Nel blocco successivo arrivano Antonello Piroso e Peter Gomez (quest’ultimo con la faccia di chi sembra sapere in che programma si trova ma ormai non può fare nulla, anche perché circondato da pubblico parlante stile Funari senza Funari). Si parla di reddito di cittadinanza e il tema è importante, ci mancherebbe, ma lui, lo spettatore determinato, vuole che qualcuno gli spieghi bene – come dicono quelli del Post che sono saggi – che cosa sta accadendo in Israele e sulla Striscia di Gaza.

Sicché tenta il tutto per tutto e va su Mediaset. Canale5 manda “Come un gatto in tangenziale” (2) che no, non è un prequel su quanto resterà in onda il programma di De Girolamo ma una commedia con Paola Cortellesi e Antonio Albanese. Non è molto speranzoso quando approccia ItaliaUno che al martedì dà Le Iene: si solito una sbirciata al programma di Davide Parenti gliela dà, non stasera. A un tratto si ricorda: Bianca Berlinguer è andata su Rete4. S’è fatto tardi dunque va a vedere la diretta su Mediaset Play così può cominciare dall’inizio, certo che lì si parta subito dal tema più importante. Dopo 30 minuti di scambi ridanciani tra la conduttrice e Mauro Corona inizia a sentirsi come Fantozzi al 21esimo del secondo tempo (quando realizza che Pina, la sua Pina lo tradisce) ed è quasi tentato di spegnere tutto ma Berlinguer dice qualcosa come “a breve parleremo della situazione drammatica in Israele e sulla Striscia di Gaza” quindi rimane lì, incollato, speranzoso. Un paio di secondi dopo, forse meno, sente che gli si è scrocchiato un muscolo nella cervicale quando la stessa Berlinguer parla del torneo di pacche sul culo organizzato a Torino e poi non fatto perché la città s’è rifiutata. Ci sarà tempo per parlare della guerra, ma lo spettatore spazientito non aspetta più.

Rimane La7, Di Martedì, prova a partire dall’inizio. C’è Augias (che sarebbe stato bene pure in Rai) e va bene. La direzione non è quella della divulgazione, dell’informazione, della spiegazione e della narrazione storica – anzi ci sono i soliti ancora più evitabili scazzi da talk show – ma meglio di niente, forse. Costernato, va a dormire. Ora siccome il nostro spettatore non è scemo – non come pensano quelli che fanno la tv – ed è consapevole che la guerra non fa ascolti, dice “beh, con quell’offerta quindi avranno spaccato“. La mattina legge i dati: Rai1 2.522.000 spettatori pari al 13.9% – Rai2 1.235.000 spettatori pari al 7.7% di share – Rai3 574.000 spettatori pari ad uno share del 3.6% – Canale5 1.974.000 spettatori pari all’11.9% – Italia1 1.158.000 spettatori pari al 9.3% (bene) – Rete4 1.274.000 spettatori con uno share dell’8.1% (bene) – La7 1.274.000 spettatori con uno share dell’8.1% (bene). In un paio di casi c’è la conferma dell’assunto borissiano “perché a noi la qualità c’ha rotto il cazzo”. Ma in cuor suo sente di poter dire che no, forse la guerra non porta share ma nemmeno la mancanza di cognizione o forse di dignità televisiva.

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