VENEZIA – La Regione Veneto ha ricevuto dall’Istituto Superiore di Sanità i complimenti per gli interventi attuati in questi anni sul fronte dell’inquinamento da Pfas, ma allo stesso tempo è stata invitata ad avviare l’indagine epidemiologica che si bloccò misteriosamente nel 2018. Contemporaneamente l’Iss rilancia l’allarme sulle sostanze perfluoroalchiliche usate in industria, a cominciare dalla Miteni di Trissino che è sotto processo a Vicenza: “La recente letteratura scientifica suggerisce possibili effetti sulla salute più gravi di quanto precedentemente noto”.
Ilfattoquotidiano.it ha dato notizia della lettera con cui il direttore generale della sanità del Veneto, Massimo Annichiarico, ha impartito ad Azienda Zero la disposizione di effettuare e coordinare lo studio mancante, oggetto di una delibera di giunta del lontano 2016. A giugno, di quell’indagine, per la quale era già pronta una convenzione con cronoprogramma e suddivisione delle spese, aveva parlato in Corte d’Assise, il dottor Pietro Comba, fino al 2019 direttore del Dipartimento di epidemiologia ambientale dell’Iss. Aveva attribuito la responsabilità di non farne nulla, non alle strutture tecniche che operavano a Roma e Venezia, ma probabilmente ad un livello politico.
La lettera di Annichiarico (del 23 settembre) costituisce ora una svolta, ma la Regione non ha gradito che ne sia stata data notizia senza citare un documento dell’Iss. Per questo Annichiarico ha scritto a ilfattoquotidiano.it. “In ordine all’attività della Regione Veneto nella gestione della contaminazione da Pfas, è piena, chiara ed inequivocabile la coerenza fra quanto dichiarato nel proprio comunicato del 7 di agosto scorso e la richiesta, trasmessa ad Azienda Zero, di condurre un rinnovato approfondimento di natura epidemiologica in piena sintonia con quanto suggerito dall’Istituto Superiore di Sanità nella propria nota del 1 settembre, che indicava tale approfondimento come potenzialmente utile alla futura ricerca scientifica, in ragione delle emergenti evidenze e delle nuove molecole in circolazione”. Quindi la notizia è vera, anche se da Venezia sottolineano che non si è trattato di un diktat, ma di un “suggerimento”.
“UN’ECCELLENTE RISPOSTA DI SANITA’ PUBBLICA” – “E’ particolarmente significativo – aggiunge il direttore generale della sanità del Veneto – che sia l’Istituto Superiore di Sanità stesso a testimoniare non solo l’apprezzamento per l’imponente impegno messo in campo in risposta alla contaminazione da Pfas, ma anche e soprattutto il riconoscimento di come le attività intraprese dalla Regione del Veneto abbiano contribuito a dar corpo ad una eccellente risposta di sanità pubblica con azioni di intervento immediato per l’identificazione e contenimento della contaminazione. Di tale plauso la notizia di stampa non fa alcun cenno, rendendo il messaggio del tutto distorto rispetto alla realtà dei fatti”. Conclusione: “Sul tema, la posizione della Regione è stata ed è improntata alla massima trasparenza degli atti e delle azioni, trasparenza che è indispensabile in relazione ad un tema così rilevante di sanità pubblica, in ordine al quale, al contrario, vanno stigmatizzati i tentativi di strumentalizzazione e/o di distorsione della realtà dei fatti, procurate attraverso la diffusione di informazioni parziali, laddove non volutamente omissive”.
La lettera con cui è stato dato il via libera all’indagine epidemiologica, in controtendenza rispetto alla linea finora seguita dalla Regione, non è stata resa pubblica da Palazzo Balbi. Ilfattoquotidiano.it ne è entrato in possesso e l’ha pubblicata perché costituisce una novità e un documento importante, dopo le polemiche innescate dalla deposizione del dottor Comba. Annichiarico ne conferma l’autenticità, anche se glissa sulle ragioni di un’indagine epidemiologica che sarà avviata con così tanti anni di ritardo.
OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO – Al riguardo il movimento Mamme No Pfas ha dichiarato: “Siamo soddisfatte per la decisione della Regione, che ora deve dire di chi sarà la governance dello studio, quali saranno le tempistiche e come sarà garantita la partecipazione dei cittadini”. Cristina Guarda, consigliere regionale di Europa Verde commenta: “Questo studio avrebbero dovuto farlo fin da quando, nel 2016, l’Istituto epidemiologico del Veneto aveva rilevato un incremento di casi di tumore al testicolo, nella zona contaminata dai Pfas”. Il senatore dem Andrea Crisanti: “Cinque anni dopo, l’Istituto Superiore di Sanità ritiene lo studio epidemiologico mai effettuato ancora utile per lo sviluppo di conoscenze di cui beneficerebbero le popolazioni locali e il quadro scientifico internazionale. Fu una decisione politica della Regione Veneto. Quanto emerso rappresenta un’ulteriore conferma dell’irresponsabilità, dell’incompetenza e dell’arroganza dei vertici della Regione Veneto responsabili della sciagurata omissione dello studio”.
ISS: “I PFAS DILAGANO”- Vediamo cosa ha scritto Marco Martuzzi, direttore del dipartimento ambiente e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, rivolgendosi alla Regione. Dopo aver apprezzato “l’imponente impegno messo in campo da codesta Direzione”, interpreta come un “messaggio incoraggiante” la “sostanziale riduzione dei livelli di esposizione delle popolazioni interessate, un risultato per il quale alla Regione va un sentito plauso”. Poiché la scoperta della contaminazione da Pfas risale al 2013 e la Miteni è chiusa dal 2018, era piuttosto prevedibile che vi sarebbe stata una riduzione dei livelli di inquinamento a cinque anni dalla fine degli sversamenti di sostanze perfluoroalchiliche nella falda.
La lettera di Martuzzi non è però tranquillizzante, altrimenti non giustificherebbe la richiesta alla Regione di svolgere l’indagine epidemiologica inspiegabilmente arenata. “La contaminazione da Pfas in Veneto, così come altrove in Italia e altrove, continua purtroppo a rappresentare una sfida, come anche evidenziato dall’allarme espresso dal territorio. Data l’ubiquità e la persistenza di queste molecole occorre proseguire nell’opera di contenimento dell’esposizione e di approfondimento delle implicazioni di salute, al fine di prevenirne il più possibile i danni sanitari, anche indiretti e a lungo termine”.
L’ISS: “EFFETTI PIU’ GRAVI DI QUANTO GIA’ NOTO” – Si aggravano gli effetti nocivi dell’uso dei Pfas. “È importante sottolineare che da una parte l’evoluzione tecnologica produce con frequenza nuove formulazioni di questi agenti, e dall’altra la recente letteratura scientifica suggerisce possibili effetti sulla salute più gravi di quanto precedentemente noto”. Più se ne sa, peggiore è la situazione. La conclusione di Martuzzi è chiara: “Ritengo che, proprio alla luce delle emergenti evidenze e delle nuove molecole in circolazione, un approfondimento di natura epidemiologica, condotto sulla base del prezioso lavoro già svolto, possa portare allo sviluppo di conoscenze di grande valore. Tali conoscenze potrebbero beneficiare le popolazioni locali, contribuendo a definire strategie di prevenzione sempre più efficaci, e rappresenterebbero un ulteriore importante contributo al quadro scientifico internazionale”.
In una parola, l’indagine epidemiologica va fatta, come ha scritto ilfattoquotidiano.it, che ha chiesto al direttore Annichiarico, in nome della dichiarata trasparenza, di mettere a disposizione tutti i carteggi intercorsi con l’Iss e di rispondere alla domanda che la Regione Veneto continua ad evitare: perché e da chi fu bloccata nel 2018 l’indagine epidemiologica sulla popolazione entrata in contatto con i Pfas che hanno inquinato gli acquedotti di tre province del Veneto?