“Il richiedente asilo non può essere trattenuto”, quindi può tornare in libertà. Per la seconda volta nel giro di poche settimane la giudice del Tribunale di Catania Iolanda Apostolico non accoglie la richiesta della Questura di Ragusa di trattenere quattro cittadini tunisini che hanno presentato richiesta di protezione internazionale. Un provvedimento molto simile, nei contenuti e nella forma, a quelli già redatti dalla stessa giudice e dai colleghi del tribunale di Catania che hanno disapplicato il “decreto Cutro” del governo Meloni, scatenando un’ondata di attacchi mediatici da parte dell’esecutivo e della maggioranza. “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda (…) come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattamenti riguardanti cittadini tunisini”, esordisce il decreto della giudice. Un chiaro riferimento alla decisione “pilota” dello scorso 29 settembre a proposito di quattro richiedenti asilo, seguita pochi giorni dopo da un altro giudice etneo, Rosario Cupri, che l’8 ottobre ha concesso la libertà ad altri sei migranti.
“Il trattamento di un richiedente protezione internazionale, costituendo una misura di privazione della libertà personale, è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”, scrive la giudice Apostolico. Nel caso in esame, “risulta agli atti che il richiedente asilo è entrato in Italia via mare approdando a Lampedusa, che è zona di frontiera rientrante nella provincia di Agrigento” e dove “ha manifestato la volontà di richiedere protezione”. Per questo motivo non si può applicare l’articolo 10-ter (comma 1-bis) del Testo unico sull’immigrazione che “autorizza il trasferimento degli stranieri ospitati presso i punti di crisi in strutture analoghe sul territorio, in quanto la norma non pare estensibile ai richiedenti asilo”. Inoltre, la “deroga all’obbligo di decidere le domande in frontiera nel luogo di arrivo (sul posto), è prevista solo per l’ipotesi di impossibilità di applicare la procedura direttamente alla frontiera di arrivo, e non per la mera difficoltà, come invece si legge nel provvedimento del questore” di Ragusa. Quindi, se “la domanda non può più essere trattata come procedura accelerata di frontiera, viene anche meno il presupposto legittimante il trattenimento”.
La giudice ribadisce che il decreto Cutro, nella parte in cui dispone il trattenimento automatico per chi proviene da Paesi sicuri, va disapplicato in quanto “presenta profili di incompatibilità” con la normativa europea, “secondo cui il trattenimento può “avere luogo soltanto ove necessario, sulla base di una valutazione caso per caso“”. E boccia anche il decreto ministeriale del 14 settembre 2023 che ha fissato in 4.938 euro l’”idonea garanzia finanziaria” da fornire per evitare di essere trattenuti in attesa della definizione della domanda d’asilo: “Se il trattenimento viene previsto come misura unica, la garanzia finanziaria di importo predeterminato e (non) commisurato alle esigenze e ai bisogni fondamentale del richiedente”, sarebbe “ulteriormente in contrasto con la normativa comunitaria”, la quale “osta a che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità”.