Un mix di fattori sta spingendo le quotazioni del gas su livelli che non si vedevano da quasi due mesi. Gli scambi sul mercato di Amsterdam, riferimento per l’Europa, avvengono a 52 euro al megawattora, in rialzo di oltre il 10% rispetto a ieri. Nell’ultima settimane l’aumento è di circa il 40%. A spingere i prezzi sono innanzitutto i timori per le possibile conseguenze degli scontri in Palestina, soprattutto se il conflitto dovesse allargarsi ad altre zone dell’area mediorientale. Israele he bloccato l’attività di un impianto gestito da Chevron nel Mediterraneo per ragioni di sicurezza. Inoltre in Australia sono stati annunciati nuovi scioperi mentre il danneggiamento del gasdotto Baliticconnector che collega Finlandia ed Estonia, di cui non è ancora chiara la dinamica, hanno riacceso i timori sulla sicurezza delle infrastrutture alla viglia della stagione invernale.
“I conflitti militari spaventano i mercati” aggiunge un analista ricordando i timori per “potenziali interruzioni dell’offerta nel Medio Oriente che potrebbe influenzare i flussi sia in termini di spedizioni che di volumi”. Il mercato però, osservano altri analisti, è in una situazione molto migliore ora che in questo periodo dell’anno scorso: Le scorte sono elevate, la domanda è in calo e sono state aperte diverse nuove strutture di importazione, e si prevede un inverno relativamente caldo, che riduce il fabbisogno di gas. Infatti un anno fa il gas viaggiava su valori vicini ai 300 euro. Più attenuate, almeno sinora, le ricadute sul petrolio. Il brent sale a Londra dell’1,6% sopra gli 87 dollari al barile ma solo due settimane fa gli scambi avvenivano a 90 dollari.