di Gaetano Benedetto*
Per anni abbiamo sentito urlare al Nord una richiesta di Federalismo che, se attuato, avrebbe spaccato il Paese. Dopo la fallimentare esperienza delle sedi distaccate dei Ministeri dell’Economia, della Semplificazione normativa e delle Riforme inaugurate nel 2011 presso la Villa Reale a Monza, la spinta federalista si è attenuata e il gioco si è fatto più paludato perché la scelta doveva essere condivisa anche dall’elettorato del Sud. Ora questa scelta si chiama “regionalismo differenziato” ed è l’applicazione di alcune disposizioni dalla Costituzione che ammette, previa intesa con lo Stato approvata per legge, il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario speciali forme di autonomia su alcune materie. Tra queste anche la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e da qui il motivo per cui il Wwf Italia se ne sta interessando.
Dietro le materie che potranno riguardare l’oggetto delle intese c’è un complicato e contraddittorio sistema di disposizioni economiche e fiscali che di fatto ci riporta al mai sopito principio promosso dalla Lega per cui al Nord dovrebbero rimanere gli introiti delle tasse che lì vengono pagate.
Il disegno di legge ‘Calderoli’, ora in discussione al Senato, dispone che nell’intesa con cui lo Stato riconosce maggiore autonomia alla Regione, siano individuate “le modalità di finanziamento delle funzioni attribuite attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale”. Poiché le intese possono tra l’altro riguardare l’istruzione, la tutela della salute, le reti e le infrastrutture di trasporto e navigazione, l’energia (produzione e distribuzione), cioè materie su cui lo Stato trasferisce alle Regioni le risorse derivanti dal fisco, è facile intuire cosa accadrebbe se le Regioni dovessero gestire in totale autonomia materie finanziate dal gettito fiscale da esse trattenuto.
Le conseguenze sono certe ed indirettamente sono ammesse dallo stesso disegno di legge del governo che prevede la garanzia di “perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante” e, addirittura, in un apposito articolo stabilisce “la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, dell’insularità, della rimozione degli squilibri economici e sociali (…) anche nei territori delle Regioni che non concludono le intese”. Ma, mentre le Regioni che firmeranno le Intese avranno risorse dedicate, le altre dovranno fare riferimento a generiche formule, come quelle appena richiamate, per conseguire obiettivi già dichiarati in altre norme e programmi e per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema la cosa è ancor più complicata e delicata.
La tutela ambientale ha un costo ed è cosa nota che gli investimenti in questo settore sono del tutto insufficienti. Anche ammettendo che si riescano a definire i Livelli Essenziali di Prestazione che le Regioni dovranno garantire per ottenere le intese su questa materia, per alcuni dei LEP (pensiamo ad esempio a quelli relativi alla conservazione della biodiversità) già oggi i finanziamenti sono largamente insufficienti.
Come verranno dunque finanziati i LEP ambientali? Prendersi un impegno è cosa diversa dal poterlo rispettare, ma intanto passa la frammentazione della tutela dell’ambiente e della natura che, certo, non dovrebbe riconoscere i confini amministrativi di una Regione. Proprio su questi temi il WWF ha organizzato lunedì 16 ottobre, dalle 9 alle 13, il Convegno “Ambiente, Autonomia differenziata, Costituzione” che si svolgerà a Roma presso la Sala Capitolare di Santa Maria della Minerva, P.za della Minerva n. 38.
* Presidente Centro Studi WWF