I valori assoluti restano impressionanti ma la tendenza al calo si consolida. I nuovi dati Istat sull’economia non osservata, aggiornati al 2021, mostrano che nell’anno successivo a quello eccezionale del Covid il valore aggiunto di “grigio“, nero e attività illegali ha toccato i 192 miliardi di euro contro i 174,6 dell’anno prima. Nel 2018 e 2019 i valori assoluti erano però più alti (208,1 e 203,3 miliardi). L’incidenza sul pil è rimasta stabile sui livelli del 2020: il sommerso pesa per il 9,5%, il traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando di tabacco valgono complessivamente l’1%. Meno rispetto al 2019, quando le percentuali erano del 10,2 e 1,1%. La cattiva notizia è che fa eccezione, nell’ambito del sommerso, la sotto-dichiarazione, vale a dire i redditi non dichiarati al fisco dalle imprese: qui la stima è ferma al 5% del pil, come due anni prima. Si parla di 91,3 miliardi. Mentre il lavoro irregolare, che riguarda 2,9 milioni di persone contro i 3,58 del 2019, è dato in calo dal 4,3 al 3,7%, pari a 68,1 miliardi.

La stabilizzazione dell’incidenza del sommerso sotto la soglia del 10% per due anni consecutivi, commenta l’Istat, conferma “un lento ma continuo ridimensionamento del fenomeno”. A partire dal massimo registrato nel 2014, quando l’incidenza sul Pil era del 12%, “negli anni successivi si sono osservate costanti riduzioni“, le più significative nel 2018 (-0,5 punti percentuali, al 10,7%) e nel 2020 (-0,7 punti, al 9,5%). Negli ultimi due anni l’incidenza del lavoro irregolare è scesa rapidamente, passando dal 4,8% al 4,2% fra il 2019 e il 2021, mentre si è stabilizzato il peso della della sotto-dichiarazione. Il risultato è che nei comparti in cui il lavoro nero pesa di più – dalle costruzioni ad agricoltura, commercio e ristorazione – l’impatto del sommerso sul valore aggiunto si è ridotto a vista d’occhio, al contrario che negli altri settori. Nei servizi alle imprese e servizi professionali l’aumento della sotto-dichiarazione ha compensato la riduzione dell’impatto di lavoro irregolare e affitti in nero.

Lo stesso vale per i valori assoluti: la crescita dell’economia non osservata “è stata guidata dall’andamento del valore aggiunto da sotto-dichiarazione, che ha segnato un aumento di 11,7 miliardi di euro (pari al 14,6%) rispetto al 2020”. Più contenuto l’incremento – che c’è comunque stato visto il crollo che si era registrato nel 2020 – del valore aggiunto generato dall’utilizzo di lavoro irregolare (5,7 miliardi di euro) e dalle attività illegali (0,9 miliardi di euro). Le altre componenti del sommerso hanno mostrato una riduzione di 0,8 miliardi di euro dovuta soprattutto alla contrazione degli affitti in nero. Rispetto al 2020, il peso della sotto-dichiarazione è salito dal 45,6% al 47,6% mentre il lavoro irregolare è passato dal 35,7% al 35,5% e l’economia illegale dal 9,9% al 9,5% l’economia illegale.

Il ricorso al lavoro irregolare – “caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano”, annota Istat – si è molto ridimensionato rispetto al 2018, quando coinvolgeva 3,6 milioni di lavoratori. Il calo al 12,7% del tasso di irregolarità è legato al “forte aumento dell’input di lavoro regolare”, che sale del 10,7% tornando in linea con i livelli del 2019. Le flessioni maggiori si sono osservate nel comparto delle costruzioni e in agricoltura (-2,4 e -1,6%). Nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione il tasso di irregolarità scende di 0,8 punti percentuali, dal 13,5% del 2020 al 12,7% del 2021, il valore più basso dall’inizio della serie storica (a partire dal 1995). Tra i fattori di emersione, per l’istituto di statistica, ci sono gli effetti della sanatoria dei rapporti di lavoro irregolari decisa nel 2020 con il decreto Rilancio.

Per quanto riguarda le attività illegali, la ripresa dopo il calo dovuto alle restrizioni anti-Covid è dipesa innanzitutto del traffico di stupefacenti, seguito dalla prostituzione. Il valore aggiunto legato alla droga è salito a 13,7 miliardi di euro (+0,4 miliardi rispetto al 2020), mentre la spesa per consumi si è attestata a 15,5 miliardi di euro (+0,7 miliardi). In linea, scrive l’Istat, con l’andamento degli anni pre pandemia in cui si era registrato un incremento medio del 2,1% l’anno per il valore aggiunto e del 2,6% per i consumi finali. Il valore aggiunto e i consumi finali della prostituzione sono aumentati rispettivamente dell’11,8% e del 12,3%, a 3,9 e 4,5 miliardi.

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