Cinema

L’esorcista – Il credente, l’horror che dovrebbe essere il sequel che sconvolse il mondo è una ciofeca

di Davide Turrini

Scherza coi fanti, ma lascia stare l’Esorcista. C’è poco da fare. Riprendere in mano i classici dell’horror, titillarli, sfregarli, grattugiarli, cercando che qualcosa di bellissimo cada nel proprio piatto creativo, è impresa vana e inutile. L’esorcista – Il credente ne è la prova lampante. Non c’è un istante del film diretto con lesa maestà da David Gordon Green che meriti un centesimo di euro. Nonostante dietro alla produzione creativa del film ci sia la Blumhouse (Paranormal activity, Get out) all’occhio dell’incauto spettatore salta un dato: riattualizzare archetipi al cinema è come vestirsi da Dracula il giorno di carnevale e sperare che qualcuno si spaventi. Il costumino meglio crearselo da soli, ago e filo, osare, sbattersi. Una spruzzatina di etica hollywoodiana – la famigliola afroamericana al centro della possessione -, la sequela di esorcisti (o meglio di esorcicci) per far uscire il diavolo dal corpo della giovane Angela, e una spolverata al reliquiario del capostipite che nel 1973 fece epoca e sconvolse realmente il mondo, con il ritorno di Linda Blair ed Ellen Burstyn, ovvero tutta la famiglia MacNeal del film di Friedkin.

Ovviamente tutto rimescolato con quel “movimento” tellurico di macchina da presa che oggi fa tanto horror, con quelle pacchiane costruzioni di scrittura attorno al mistero demoniaco (il viaggio ad Haiti, sic) e quell’indistinguibilità attoriale che a questo punto giustificherebbe l’arrivo modello cavalleria dell’AI. Pensate, la Universal che distribuisce nel mondo questa ciofeca ha fatto di tutto per avere i diritti sul franchise, che poi significa aver sborsato 400 milioni di dollari solo per questo aspetto produttivo. Il risultato al box office statunitense è stato mediocre. Nonostante la prima posizione in classifica con 26 milioni e mezzo di dollari, L’esorcista – Il credente viaggia dieci milioni sotto le aspettative della produzione, ma ciò che stanno rilevando tutte le testate del settore hollywoodiano è che il film è in discesa libera negli incassi e sta ricevendo critiche non proprio incoraggianti sia dai critici che soprattutto dal pubblico.

Dicevamo dei 26 milioni e mezzo che sono il risultato di un primo giorno discreto – 12 milioni – e di un intero weekend con meno 40% e meno 50% di entrate in 48 ore. Insomma, i prodromi di un mezzo flop. Se poi inavvertitamente qualcuno volesse scrollare la pagina di Rotten Tomatoes vedrebbe che il film racimola un misero 22% di recensioni positive con una media voto di 4 e qualcosa. In Italia il primo weekend non è stata una marcia trionfale (un milione e sei in quattro giorni), pur rimanendo al primo posto di un box office magro e assetato di grandi incassi. Dagli Stati Uniti, peraltro, è giunta anche la voce di John Carpenter. Intervistato da Variety, Carpenter ha ricordato del rapporto con David Gordon Green che nel 2018 ha diretto il sequel del suo Halloween del 1978 e rispetto alla scelta di andare a stuzzicare il demone Pazuzu si è semplicemente chiesto: “Qual è il senso di andare a rovinare tutto?”.

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