Siamo abituati, noi europei, a pensarci abitanti di paesi liberi di fare informazione, attribuendo ad altri attitudini fascistoidi di repressione del dissenso. Il nostro sistema informativo ha molte falle, a cominciare dalla concentrazione delle proprietà editoriali, ma fin qui abbiamo vissuto piuttosto tranquilli, pur sapendo, qui da noi, che molti giornalisti sono minacciati e che il nostro servizio pubblico radiotelevisivo è un carrozzone ridicolo di amici, mogli, mariti ecc. ecc. che in confronto la Rai degli anni 50 sembra la Bbc.

Ebbene, forse è il caso di cominciare ad abituarci all’idea che la crisi dell’Occidente porti con sé anche un autoritarismo pericoloso di cui è figlia la gogna mediatica verso personalità fuori dal coro. I casi di Patrick Zaki, Elena Basile, Alessandro Orsini, Moni Ovadia sono un avvertimento che dobbiamo portarci dietro nel discorso pubblico con la consapevolezza che siamo solo agli inizi. Si tratta di persone con diversi curriculum e culture che hanno in comune la ‘spudoratezza’ di avanzare analisi diverse, punti di vista che non piacciono agli opinionisti mainstream.

È bastato che Patrick Zaki dicesse quello che pensa ogni coscienza democratica e cioè che la tragedia in corso in Medio Oriente è la conseguenza delle politiche di Israele, – lo ha spiegato ai microfoni del Tg1 a proposito di alcuni suoi tweet dei giorni scorsi in cui ha definito Netanyahu un “serial killer” – che apriti cielo. Fabio Fazio (il coraggioso) lo ha scaricato, così il Sermig che organizzava la presentazione della sua biografia all’Arsenale della pace di Torino martedì 17 ottobre. Elena Basile è fatalmente diventata “la nuova Orsini” (espressione uscita dalla penna di un altro coraggioso fantasista di Repubblica, Cappellini, uno che è lì per dire chi è buono e chi è cattivo), declinata da altri, in modo misogino, “una Orsini in gonnella”. Di Orsini hanno detto di tutto, del grande Moni pure, ed altro verrà. Perché se non si sta da una parte da noi funzionerà così.

Se vuoi dire che la ragionevolezza deve prevalere nelle relazioni tra i popoli e che i conflitti vanno inquadrati dentro la loro storia per capirne le radici profonde e le deviazioni più radicali, allora sei fuori. È meglio che ci prepariamo ad affrontare il futuro pensandoci in un tempo nuovo e duro e che l’avvolgente e rassicurante sistema democratico è ormai un ferro vecchio.

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