Un reporter di Reuters è morto e altri sei sono rimasti feriti da un colpo di artiglieria dell’esercito israeliano nella zona di Alma al-Shaab, nel sud del Libano. Nell’esplosione sono stati coinvolti fotografi e cameraman dell’emittente araba Al Jaazera, di Afp e altri due colleghi di Reuters. La vittima del bombardamento israeliano nel sud del Paese in risposta agli attacchi di Hezbollah è il giornalista della agenzia Reuters Issam Abdallah.
Alcune ore fa Abdallah aveva condiviso una foto e delle stories da Alma al-Shaab, mentre il suo ultimo post – risalente a sei giorni fa – è dedicato a Shireen Abu Akleh, la giornalista uccisa lo scorso dicembre dall’esercito israeliano in Cisgiordania. Tra i tre feriti, ci sono la giornalista Christina Assi di Afp, Karmen Bakhindar ed Eli Brakhia di Al Jazeera, più i due reporter di Reuters Thaer al-Sudani e Maher Nazeh.
In diversi video circolanti in Rete si vede un’automobile in fiamme, centrata in pieno dai colpi dell’Idf, e una reporter ferita appare a terra e urla di non sentirsi più le gambe. Al confine con il Libano è in corso da ore uno scambio di colpi di artiglieria tra l’esercito di Israele ed Hezbollah. Poco dopo le 17 di venerdì, l’Idf aveva dichiarato di aver “identificato colpi dal territorio libanese verso Israele” e “sta attualmente rispondendo con colpi di artiglieria e di tank verso la fonte dei colpi”. Proprio nel corso di questi scontri, il fuoco dell’esercito di Tel Aviv ha centrato la vettura dei reporter.
“Le prime informazioni che abbiamo indicano che è stato un attacco deliberato” ha affermato Jonathan Daghar, capo dell’ufficio di Reporter Senza Frontiere (Rsf) per il Medio Oriente.
“Esamineremo ancora tutte le informazioni, ma se dovesse risultare che si tratta di un atto intenzionale, allora stiamo parlando di un crimine di guerra”, ha aggiunto. “Questo ci ricorda, sfortunatamente, che (la giornalista di Al Jazeera, ndr) Shireen Abu Akleh nel 2022 indossava anche un giubbotto stampa e che è stata uccisa anche lei da un proiettile israeliano per loro stessa ammissione. Ad oggi c’è ancora impunità per questo crimine”.
Intanto una troupe di giornalisti dell’Arabic Service della Bbc è stata aggredita e trattenuta temporaneamente oggi da poliziotti israeliani a un posto di blocco a Tel Aviv mentre rientrava in hotel dopo aver registrato un reportage. Lo denuncia la stessa emittente britannica, precisando che i reporter si erano qualificati come tali, mostrando anche le loro press card, ma sono stati ugualmente maltrattati dagli agenti, in un clima di grande nervosismo alimentato dall’attuale situazione di conflitto seguita all’attacco devastante di Hamas del fine settimana scorso.
Protagonisti della disavventura i giornalisti Muhannad Tutunji e Haitham Abudiab e due loro collaboratori. Erano tutti a bordo di un suv, marcato con la scritta TV in rosso, quando sono stati fermati. I poliziotti li hanno poi trascinati a viva forza fuori dal veicolo, spintonati e sbattuti contro un muro prima di procedere a una perquisizione dell’auto e del loro materiale. Tutunji è stato anche afferrato per il collo quando ha cercato di filmare la scena con il suo telefonino, che è stato scaraventato per terra e danneggiato. I giornalisti della Bbc, dopo il rilascio, si sono rivolti ai responsabili polizia di Tel Aviv per chiedere spiegazioni, ma finora non ne hanno avute. Mentre una portavoce del servizio pubblico del Regno ha protestato per l’accaduto sottolineando come il suv fosse “chiaramente marcato” con le insegne di riconoscimento dei media e rivendicando ai “giornalisti il diritto d’informare liberamente sul conflitto in corso fra Israele e Gaza“.
Mondo
Un reporter ucciso e sei feriti dal fuoco israeliano in Libano. Reporter Senza Frontiere: “Da prime informazioni attacco deliberato”
Un reporter di Reuters è morto e altri sei sono rimasti feriti da un colpo di artiglieria dell’esercito israeliano nella zona di Alma al-Shaab, nel sud del Libano. Nell’esplosione sono stati coinvolti fotografi e cameraman dell’emittente araba Al Jaazera, di Afp e altri due colleghi di Reuters. La vittima del bombardamento israeliano nel sud del Paese in risposta agli attacchi di Hezbollah è il giornalista della agenzia Reuters Issam Abdallah.
Alcune ore fa Abdallah aveva condiviso una foto e delle stories da Alma al-Shaab, mentre il suo ultimo post – risalente a sei giorni fa – è dedicato a Shireen Abu Akleh, la giornalista uccisa lo scorso dicembre dall’esercito israeliano in Cisgiordania. Tra i tre feriti, ci sono la giornalista Christina Assi di Afp, Karmen Bakhindar ed Eli Brakhia di Al Jazeera, più i due reporter di Reuters Thaer al-Sudani e Maher Nazeh.
In diversi video circolanti in Rete si vede un’automobile in fiamme, centrata in pieno dai colpi dell’Idf, e una reporter ferita appare a terra e urla di non sentirsi più le gambe. Al confine con il Libano è in corso da ore uno scambio di colpi di artiglieria tra l’esercito di Israele ed Hezbollah. Poco dopo le 17 di venerdì, l’Idf aveva dichiarato di aver “identificato colpi dal territorio libanese verso Israele” e “sta attualmente rispondendo con colpi di artiglieria e di tank verso la fonte dei colpi”. Proprio nel corso di questi scontri, il fuoco dell’esercito di Tel Aviv ha centrato la vettura dei reporter.
“Le prime informazioni che abbiamo indicano che è stato un attacco deliberato” ha affermato Jonathan Daghar, capo dell’ufficio di Reporter Senza Frontiere (Rsf) per il Medio Oriente.
“Esamineremo ancora tutte le informazioni, ma se dovesse risultare che si tratta di un atto intenzionale, allora stiamo parlando di un crimine di guerra”, ha aggiunto. “Questo ci ricorda, sfortunatamente, che (la giornalista di Al Jazeera, ndr) Shireen Abu Akleh nel 2022 indossava anche un giubbotto stampa e che è stata uccisa anche lei da un proiettile israeliano per loro stessa ammissione. Ad oggi c’è ancora impunità per questo crimine”.
Intanto una troupe di giornalisti dell’Arabic Service della Bbc è stata aggredita e trattenuta temporaneamente oggi da poliziotti israeliani a un posto di blocco a Tel Aviv mentre rientrava in hotel dopo aver registrato un reportage. Lo denuncia la stessa emittente britannica, precisando che i reporter si erano qualificati come tali, mostrando anche le loro press card, ma sono stati ugualmente maltrattati dagli agenti, in un clima di grande nervosismo alimentato dall’attuale situazione di conflitto seguita all’attacco devastante di Hamas del fine settimana scorso.
Protagonisti della disavventura i giornalisti Muhannad Tutunji e Haitham Abudiab e due loro collaboratori. Erano tutti a bordo di un suv, marcato con la scritta TV in rosso, quando sono stati fermati. I poliziotti li hanno poi trascinati a viva forza fuori dal veicolo, spintonati e sbattuti contro un muro prima di procedere a una perquisizione dell’auto e del loro materiale. Tutunji è stato anche afferrato per il collo quando ha cercato di filmare la scena con il suo telefonino, che è stato scaraventato per terra e danneggiato. I giornalisti della Bbc, dopo il rilascio, si sono rivolti ai responsabili polizia di Tel Aviv per chiedere spiegazioni, ma finora non ne hanno avute. Mentre una portavoce del servizio pubblico del Regno ha protestato per l’accaduto sottolineando come il suv fosse “chiaramente marcato” con le insegne di riconoscimento dei media e rivendicando ai “giornalisti il diritto d’informare liberamente sul conflitto in corso fra Israele e Gaza“.
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Gaza, la videocronaca del giornalista: “Persone in fuga ovunque, ma non ci sono auto. È una nuova Nakba”
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Vogliamo il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica e non lo delegheremo alla Francia e alla Gran Bretagna". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo. "Per avere i granai pieni -ha aggiunto- bisogna avere gli arsenali pieni, la difesa è la premessa della libertà e della democrazia".
Bruxelles, 18 mar. - (Adnkronos) - Le sedici aziende dell’Alleanza “Value of Beauty”, lanciata a febbraio 2024, hanno presentato a Bruxelles uno studio commissionato a Oxford Economics sull’impatto socioeconomico del settore. Il Gruppo L’Oréal, Kiko Milano, Beiersdorf, Iff, e altri grandi marchi dell’industria vogliono inserirsi nello spiraglio aperto dalla Commissione europea per favorire la semplificazione normativa in vari ambiti, e per chiedere un dialogo strategico sul futuro del settore, come già successo per agricoltura e automotive.
Il settore guarda con attenzione alle proposte su una legge europea vincolante per le biotecnologie e alla strategia per la bioeconomia, che la Commissione si impegna a presentare entro la fine dell’anno. Ma guarda con attenzione anche agli sviluppi nelle relazioni commerciali in Occidente alla luce della recente entrata in vigore dei dazi di Washington sull’import dall’Unione europea.
“Cinque delle sette più grandi aziende del settore hanno la loro sede nell’Ue”, ha sottolineato l’amministratore delegato del Gruppo L’Oréal, Nicolas Hieronimus.
A Bruxelles i sedici membri dell’Alleanza chiedono politiche per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale per sbloccare il potenziale del settore. Un aspetto legato, secondo l’amministratore delegato di Kiko Milano, Simone Dominici, all’impatto positivo che la cura del corpo e dell’estetica ha sull’autostima e sulla salute mentale dei consumatori. Aspetti non trascurati dallo studio dell’Oxford Economics presentato all’ombra dei palazzi delle istituzioni europee. Il rapporto mostra che la spesa dei consumatori nell’Ue per i prodotti di bellezza e cura della persona ha superato i 180 miliardi di euro e dato lavoro a oltre tre milioni di persone, un numero che supera il totale della forza lavoro presente in 13 Stati membri dell’Ue. Troppi anche gli oneri per l'industria della cosmetica che rendono necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Forte dei 496 milioni di euro generati ogni giorno e dei 3,2 milioni di posti di lavoro, la cordata dei grandi nomi dell’industria della bellezza chiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti nelle acque siano ritenuti responsabili, in linea con il principio “chi inquina paga”.
I riflettori dell’Alleanza, che guarda anche agli interessi di tutti gli attori della filiera - dagli agricoltori ai vetrai, importanti nella catena del valore quanto le case di fragranze - sono rivolti in primis sull’attesa revisione del regolamento Reach (Regulation on the registration, evaluation, authorisation and restriction of chemicals), che regolamenta le sostanze chimiche autorizzate e soggette a restrizione nell’Unione europea. L’Alleanza chiede che a questa iniziativa, annunciata nel 2020 come parte del pacchetto sul Green deal, si aggiunga anche una revisione del regolamento sui prodotti cosmetici.
L’appello ha come obiettivo la riduzione degli oneri amministrativi e lo stimolo all'innovazione, senza sacrificare l’approccio basato sul rischio per la salute e la responsabilità per la tutela dell’ambiente. Trasmette ottimismo l’iniziativa della Commissione di considerare delle esenzioni per alcune imprese colpite dalla direttiva della diligenza dovuta che imponeva oneri considerati sproporzionati alle piccole e medie imprese, la colonna portante del settore.
“Vogliamo impiegare più tempo alla sostenibilità, piuttosto che alla rendicontazione amministrativa”, è stato l’appello degli amministratori delegati durante la conferenza stampa che ha preceduto gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, tra cui quello con la presidente dell’istituzione, Roberta Metsola. Lo studio presentato dimostra che una parte consistente della cura per la sostenibilità ambientale passa anche dalla cosmetica. L’Oréal ha già annunciato che entro il 2030 il 100% della plastica utilizzata nelle confezioni sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Mandare soldati in Ucraina mentre ci sono i bombardamenti è una pazzia e l'Italia non farà questa scelta". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Gli inglesi sono usciti dall'Europa e adesso ci convocano una volta a settimana, facessero domanda per rientrare nell'Unione europea". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Dei Servizi segreti non si parla nell'Autogrill, si parla nel Copasir, io all'Autogrill ci vado a comprare il panino". Lo ha affermato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, nella dichiarazione di voto sulle risoluzioni presentate sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Da oggi sono autorizzato a dire che la Meloni non smentisce l'utilizzo di intercettazioni preventive nei confronti di un giornalista che attacca il Governo. È una cosa enorme, che ha a che fare con la dignità delle Istituzioni. Se non vi rendete conto che su questa cosa si gioca il futuro della libertà, allora sappiate che c'è qualcuno che lascia agli atti questa frase, perchè quando intercetteranno voi, in modo illegittimo, con i trojan illegali, saremo comunque dalla vostra parte per difendere il vostro diritto di cittadini, mentre voi oggi vi state voltando dal'altra parte". Lo ha affermato Matteo Renzi nella sua dichiarazione di voto sulle risoluzioni sulle comunicazioni al Senato del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del prossimo Consiglio europeo.
"Giorgia Meloni va al Consiglio europeo senza una linea, senza sapere da che parte stare, senza aver avuto il coraggio di rispondere a quella frase che lei stessa aveva detto: 'come diceva Pericle la felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio'. Se la felicità e la libertà dipendono dal coraggio, Giorgia Meloni -ha concluso l'ex premier- non è felice, non è libera".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Proprio perché sono una patriota metterò questa nazione in sicurezza, perché come dice la nostra Costituzione difendere la Patria è un sacro dovere del cittadino". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella replica al Senato sulle comunicazioni in vista del prossimo Consiglio europeo.