Nella stagione 2022/2023 Aurelio De Laurentiis ha massimizzato i suoi 19 anni alla guida del Napoli nel migliore dei modi: stravincendo il campionato, arrivando a toccare il punto più alto mai raggiunto in Champions e azzeccando tutte le scelte, dai collaboratori ai calciatori, fino alla capacità di non seguire gli istinti della piazza.
Forse proprio quest’ultimo aspetto, discostarsi dalla pancia, sacrificando i profili più amati dai tifosi (Insigne, Mertens, Ospina e Koulibaly), assieme a un piglio silente distante dalla consueta “arteteca” (come direbbero a Napoli) ha rappresentato il segreto di una stagione da Oscar. Con quell’Oscar in mano Adl si è avviato alla stagione successiva probabilmente certo di poter bissare quei trionfi o almeno di provarci, verosimilmente sicuro in ogni caso di non ritrovarsi dopo un mese e mezzo in un cul de sac. Evitabile.
Già, perché in fin dei conti che una squadra che ha vinto a mani basse il campionato precedente parta col freno a mano tirato o accusi difficoltà non è una situazione trascendentale nel calcio. Ha avuto difficoltà Inzaghi all’Inter, ed è arrivato in finale di Champions, ha avuto problemi Pioli al Milan ed ha vinto uno scudetto e ha sempre superato i periodi difficili. L’originalità della situazione napoletana dunque non sta nelle difficoltà ma nel come sono state affrontate negli ultimi giorni, andando a 300 all’ora, e nelle conseguenze ignote che la guida “spericolata” di Adl eventualmente porteranno. Dopo la sconfitta di domenica sera per 3 a 1 al Maradona contro la Fiorentina, Adl ha rilasciato un’intervista alla Luiss martedì, dove di fatto non ha esonerato Garcia (le frasi relative all’esonero le ha dette a chi gli chiedeva di Mignani a Bari), ma delegittimato sì, parlando di momento no, di allenatore che non conosce più il calcio italiano e dei mister chiamati prima del francese (Thiago Motta, Luis Enrique).
Poi è partito il tam tam su Conte, con un’interlocuzione che pare esserci stata e con gli esperti che descrivevano Adl sicuro di poter strappare l’ok all’ex tecnico della nazionale. E se alla festa torinese dei 100 anni degli Agnelli alla Juve le parole di Conte apparivano quasi un’apertura, il post social del giorno dopo ha messo la pietra tombale sulla vicenda (“Ribadisco la volontà di restare fermo e godermi la famiglia”). Dietrofront: non essendoci grosse ipotesi percorribili in una stagione in cui comunque il Napoli ha ancora 30 giornate di campionato per difendere lo Scudetto e 4 del girone Champions per agguantare almeno una qualificazione agli ottavi, allora meglio proseguire con Garcia. E con Garcia si procederà, almeno nelle prossime tre giornate (Verona, Berlino e a Napoli contro il Milan): perché senza tre vittorie a quel punto il francese sarebbe fuori a prescindere dal prestigio del nome del sostituto. Con Garcia che ad oggi è di fatto commissariato, perché Adl incassato il no di Conte avrebbe prima parlato con i senatori azzurri e poi ha partecipato alla seduta pomeridiana a Castel Volturno di giovedì. Commissariato e di certo non al massimo della legittimazione di fronte allo spogliatoio, visto che già prima del caos degli ultimi giorni aveva incassato tre “vaffa” abbastanza plateali dai suoi calciatori (prima Kvara, poi Osimhen e in ultimo Politano).
Non che non ci abbia messo del suo Garcia per arrivare alla situazione attuale, anzi: tra comunicazioni completamente sbagliate (dire laddove si è vinto uno scudetto dopo 33 anni, e a chi lo ha vinto peraltro con una cavalcata sontuosa, “non conosco il passato” non è granché strategico) e scelte tecniche poco comprensibili (sostituire due volte Osimhen, o in ogni caso il centravanti “pesante”, mentre si perde lascia perplessi e frutti non ne ha portati) sulla graticola ci è finito per meriti abbondantemente acquisiti sul campo. Quella fretta e quella foga di smontare una creatura perfetta è apparsa a molti un’iconoclastia figlia più di vanità che di necessità, con la storia del calcio a insegnare però che quando si tenta di tirar giù gli idoli si ottiene l’effetto contrario, la mitizzazione, vedi Benitez con il post Mourinho all’Inter, o il post Sarri proprio a Napoli. Di fatto tocca di nuovo a lui: come i calciatori vivranno e reagiranno a questa situazione anomala si vedrà presto. Di certo De Laurentiis ha proposto la stessa soluzione che ha opposto spesso ai problemi: “Sono io il vostro Cavani”, disse una volta a chi chiedeva il ritorno del bomber, “sono io la soluzione ai problemi” pare la chiara indicazione che arriva stavolta. Non che sia inverosimile: alla base della sua indubbiamente eccellente esperienza alla guida del Napoli non c’è l’assenza di errori, ma la capacità di intervenire a risolverli con tempestività. Certo stavolta il metodo pare effettivamente cinepanettonesco, si vedrà poi se nel merito avrà ancora ragione.