Cultura

A Milano il primo festival italiano dedicato a Mahler: “Impatto emotivo e linguaggi diversi: la sua musica è perfetta per un pubblico giovane”

Intervista al maestro Ruben Jais, direttore artistico dell'Orchestra sinfonica milanese. Programma al via dal 25 ottobre (con qualche antipasto dal 22) con la partecipazione di 10 orchestre e 10 direttori.

Trent’anni, o venticinque, non sono pochi nella vita di un’istituzione musicale. A questo doppio traguardo arrivano, in ottima forma, la Fondazione Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano, e lo festeggiano alla grande con il Festival Mahler: tre settimane dedicate a Gustav Mahler, dal 22 ottobre al 13 novembre. Concorrono agli appuntamenti ben dieci importanti orchestre italiane, e altrettanti direttori di gran nome. Il festival propriamente detto apre il 25 ottobre, ma è preceduto da attività e concerti preliminari: tra l’altro, il film La perdizione di Ken Russell (1974), incentrato sui tormenti esistenziali del compositore; l’esecuzione del Quartetto per pianoforte e archi in La minore; il Mahler’s Universe, dieci cortometraggi (cinque a sera) dedicati alle dieci Sinfonie, al Forum Austriaco di Cultura. Ilfattoquotidiano.it ne ha parlato col maestro Ruben Jais, direttore generale e artistico dell’Orchestra e del Coro.

Maestro Jais, perché proprio un “Festival Mahler”?
La figura di Mahler ci è molto vicina per via della storia della nostra orchestra. Da quando, nel 1988, è arrivato il maestro Riccardo Chailly, abbiamo eseguito più volte tutte le Sinfonie mahleriane. Nel 2013, per il ventennale, abbiamo riportato a Milano, dopo quarant’anni di assenza, l’Ottava sinfonia. Siamo a tal punto mahleriani che nel 2002 il sindaco Gabriele Albertini, assieme alla nipote del compositore, Marina, ha intitolato lo spazio antistante l’auditorium Largo Mahler.

Cosa ascolteremo?
Tutte le Sinfonie, compreso l’Adagio della Decima, e i cicli di Lieder. Ma anche il Quartetto, unico suo brano di musica da camera, nonché le sue trascrizioni di musiche d’altri compositori, come le quattro Sinfonie di Schumann, o le Suites di Bach. Soprattutto, abbiamo immaginato un Festival che coinvolga non solo la nostra orchestra e coro, ma le varie orchestre sinfoniche italiane.

Qual è l’intento politico-culturale dell’operazione?
Nel progetto c’è l’idea di dimostrare che le orchestre sinfoniche italiane possono affrontare con altissima professionalità il repertorio d’oltralpe. All’estero, sono chiamate soprattutto per il melodramma: Puccini, Donizetti, Bellini eccetera. Per il genere sinfonico si privilegiano le orchestre tedesche. La scelta di sole orchestre italiane vuole evidenziare l’alta qualità delle nostre compagini anche in questo campo. In più c’è l’obiettivo di “fare sistema”, progettando un’operazione comune. Forte è stata la collaborazione di tutte le istituzioni coinvolte, a partire dalla Filarmonica della Scala, l’orchestra di Santa Cecilia, la Rai, la Toscanini, la Haydn e così via. Confido che questa sia la prima di molte altre operazioni, ad onta delle difficoltà organizzative.

Quali saranno i luoghi?
Sinfonie e Lieder verranno eseguiti in Auditorium, tranne l’Ottava, che eseguiremo in Duomo. Siamo grati all’arciprete del Duomo, Mons. Gianantonio Borgonovo, per la generosità, e alla Veneranda Fabbrica per la collaborazione. La musica da camera sarà invece ospitata nel Teatro Gerolamo.

Ci può illustrare il concerto d’apertura?
Apriamo con la Seconda sinfonia, anziché con la Prima. La ragione è semplice: quando nel 1999 siamo entrati la prima volta nella nostra “casa” rimessa a nuovo, l’Auditorium, abbiamo inaugurato proprio con questa Sinfonia diretta da Chailly. Lei sa che viene chiamata “Resurrezione”… (ride).

Il 13 novembre sarà invece il concerto finale.
Il 13 novembre del 1993 ci fu il primo concerto della nostra Orchestra, fondata dal direttore Vladimir Delman e voluta da Marcello Abbado, allora direttore del Conservatorio. Festeggeremo perciò il trentennale con l’ultima grande Sinfonia di Mahler, la Nona, emblema supremo del sinfonismo.

Che ascoltatori vi attendete?
Ci aspettiamo un pubblico variegato, non solo milanese e italiano, ma anche internazionale. La Mahler Foundation ha voluto sostenere il Festival e ci ha donato i cortometraggi sulle Sinfonie, visto che il nostro è il primo Festival Mahler in Italia. Ce ne sono stati ad Amsterdam e a Lipsia, mentre a Vienna è saltato per il Covid. L’apporto della Mahler Foundation dimostra l’apertura internazionale, e l’interesse alle collaborazioni del nostro Festival.

Pensate di avere anche parecchi giovani?
Mahler è un autore congeniale al pubblico giovane, perché, oltre al forte impatto emotivo, assembla un universo sonoro fatto di linguaggi eterogenei: musiche Klezmer, musiche alpine, canti popolari e così via.

Avete curato anche un libro.
Sì, è uscito un volume a cura di Gastón Fournier-Facio (Zecchini 2023), gran conoscitore di Mahler. Vi figurano saggi di esperti mahleriani italiani, sedici musicologi autori di libri e studi sul compositore: ciascuno di essi dedica un capitolo ad un’opera, per raccontare la grandezza di questo autore.

C’è anche un progetto discografico in corso…
Eh sì, ci teniamo molto: pubblicheremo un cofanetto con le Sinfonie dispari, poi ne arriverà uno con le pari. Un altro tassello all’ascolto e all’interpretazione mahleriana.

Cosa rappresenta oggi Mahler per la nostra cultura, la nostra società?
La ricchezza del suo linguaggio è tale da spronare ognuno di noi a leggervi mille cose. Mahler è l’epigono di due secoli di storia della musica, da Haydn in poi. Di certo, soprattutto nella liederistica, nei testi poetici, emergono temi, direi universali, che coinvolgono anche l’uomo e la donna di oggi: la morte, l’amore, la vita seppur sofferente. Egli compendia la storia della musica da un lato, l’emotività umana dall’altro.

Un mondo di sentimenti squadernato davanti a noi…
Che sono poi i sentimenti della quotidianità, di tutti. Per questo è grandissimo!

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Info su www.sinfonicadimilano.org/it/festival-mahler-2023