In Palestina e Israele assistiamo in questi giorni a scene apocalittiche, che attestano la fine di ogni sentimento di umanità. Ogni violazione del diritto internazionale ogni crimine contro i civili va condannato senza alcuna riserva da qualunque parte esso provenga. I crimini restano tali e vanno esecrati e puniti chiunque li commetta. Ciò detto, va condotta una spassionata e rigorosa analisi che consenta di individuare le cause della situazione che si è determinata, perché solo tale analisi scientifica consentirà di approntare i necessari rimedi.

Occorre quindi capire che la reazione dei palestinesi è il prodotto di troppi decenni di oppressione. Tutti i popoli hanno diritto alla resistenza ma tale resistenza deve a sua volta rispettare le norme del diritto internazionale che impongono la salvaguardia dei civili. In vari casi l’offensiva di Hamas di sabato scorso ha violato tali norme, anche se circolano al riguardo vari notizie non confermate come la storia dei bambini decapitati o quella della giovane data alle fiamme di fronte a una folla complice, che non è per nulla un’israeliana vittima di Hamas, come vorrebbero farci credere coloro che hanno fatto circolare questo orribile video, ma bensì una giovane guatemalteca linciata anni fa in quanto accusata di omicidio. Scopo di questi fake è esasperare l’odio per preparare il terreno ai vari pogrom antipalestinesi che si stanno preparando e già cominciano a svolgersi a Gaza come in Cisgiordania.

Hamas del resto è il prodotto di precise scelte del governo israeliano, che l’ha foraggiata (non solo Netanyahu l’ha fatto) per indebolire la leadership storica dell’OLP. Ma il discorso deve essere anche di carattere più generale. Se Hamas è cresciuta ed oggi rappresenta l’opzione politica più popolare fra i palestinesi, ciò è “merito” innanzitutto dei vari governi israeliani successivi all’assassinio dell’artefice degli accordi di Oslo, il generale Rabin, da parte di un israeliano estremista di destra. L’origine politica di Netanyahu è riconducibile a tale assassinio e la sua azione è stata volta fin dall’inizio a destrutturare coerentemente qualsiasi ipotesi di pace basata sulla formula dei “due popoli, due Stati”. E non si è trattato solo di una dottrina politica, ma sono anni che alla negazione di ogni prospettiva di pace si accompagna il genocidio a piccoli passi dei Palestinesi col via libera alle colonie, i cui abitanti rappresentano oggi il settore sociale israeliano più strettamente legato a Netanyahu mediante i leader della destra nazifascista come Ben Gvir e Smotrich, l’incarcerazione di massa sprovvista di ogni base normativa e gli arbitrari omicidi quotidiani, manifestazione di un vero e proprio terrorismo di Stato.

Era prevedibile che una tale miscela costante di atti odiosi ed oppressivi suscitasse prima o poi una reazione organizzata anche sul piano militare. Non si tratta – io ritengo – del complotto dell’Iran o di altri, ma dell’insurrezione di un popolo che si voleva privare di ogni dignità. Tale reazione ha mostrato al mondo intero la vulnerabilità di Israele, ha ricompattato gli israeliani in un momento in cui la figura di Netanyahu era sempre più odiata da gruppi crescenti di popolazione israeliana. Va poi sottolineato nuovamente come talune odiose modalità dell’offensiva, come lo sterminio, avvenuto in vari casi, degli abitanti inermi dei kibbutz, oltre a costituire un crimine di guerra e contro l’umanità, non certo giustificato da quelli che Israele commette da tempo in perfetta impunità, ha deturpato l’immagine della Resistenza palestinese in settori notevoli dell’opinione pubblica mondiale.

Oggi siamo di fronte a nuovi tremendi crimini, col delinearsi di uno sterminio per fame e sete di tutta la popolazione di Gaza, che Netanyahu vorrebbe costringere alla fuga per potersi dedicare indisturbato alla vendetta. Si tratta con ogni evidenza anche qui di un’evidente violazione del diritto internazionale bellico e di quello umanitario, e di un progetto demenziale, ed è ancora più grave che la disorientata leadership statunitense lo abbia sostanzialmente fatto proprio. I neocon che hanno in mano le scelte politiche strategiche dell’ex prima potenza mondiale, puntano del resto apertamente allo scontro coll’Iran, nuova accelerazione verso la terza guerra mondiale.

La campana suona oggi per i civili bombardati e trucidati, siano essi israeliani, palestinesi o di altra origine, ma suona a ben vedere per l’umanità tutta intera, incapace di dotarsi di una dirigenza politica responsabile che indichi le indispensabili ed urgenti prospettive di soluzione pacifica dei vari conflitti. Ma occorre insistere su tali prospettive, e rilanciare con forza l’obiettivo imprescindibile della pace e della giustizia, fra loro inseparabili, nell’auspicio di un governo multipolare del pianeta che apra finalmente la strada al futuro condiviso dell’umanità sulle macerie del fallimento sanguinoso dell’Occidente.

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Il leader di Hamas in Libano: “Iran ci sostiene da 40 anni, il loro aiuto a un livello superiore. Allargamento del conflitto? Chance reali”

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