L’uomo avvolto dalla maglia rossa calcia forte con il destro e chiude gli occhi. Per qualche secondo se ne resta fermo immobile nel cuore dell’area azzurra. Come se fosse in attesa del verdetto più importante della sua vita. Come se tutto il mondo circostante fosse stato inghiottito dall’oblio. Quando trova la forza di riaprire le palpebre vede il cuoio del pallone strofinarsi prima contro la gomma del guanto spalancato di Gianluca Pagliuca, poi contro le maglie sintetiche della rete. È un gol inutile. Ma è anche uno dei più preziosi della sua carriera. Perché nella serata del 24 marzo 1993 l’Italia di Arrigo Sacchi ha seppellito Malta sotto sei reti. Ma Carmel Busuttil ha appena trasformato un rigore nel gol della bandiera della sua nazionale. È una gioia enorme e inaspettata. Tanto che l’attaccante non sa neanche come esultare. Per un attimo pensa di mettersi a correre sotto la curva. Poi si limita a muovere il pugno senza troppa convinzione. In quella notte di trent’anni fa Busuttil ha smesso di essere un attaccante ed è diventato leggenda. Almeno nel suo paese.
Perché da allora in poi Malta non è più riuscita a segnare un gol agli azzurri. È una storia anonima che assume i contorni della favola. Per qualcuno Busuttil è il giocatore maltese più forte degli ultimi cinquant’anni. Ma non tutti sono d’accordo. Questione di un arco temporale che appare limitativo e ingiusto. Perché in molti sono convinti che in realtà Carmel sia stato il più forte di sempre. La sua parabola parte dalla periferia. Ed è nella periferia che trova la sua massima espressione. A 16 anni “Buzu” entra nel Rabat Ajax, la squadra della sua città. Il suo talento emerge subito. Fino a spalancargli le porte della Nazionale. Nel 1983 viene eletto calciatore maltese dell’anno.
A maggio però i Cavalieri di San Giovanni sfidano la Spagna nel girone di qualificazione agli Europei francesi. La gara di andata si gioca al Ta Qali stadium, a otto chilometri da La Valletta. La Spagna passa subito in vantaggio grazie a una rete di Juan Señor. Poi però segna Busuttil. Per due volte. Malta si trova incredibilmente in vantaggio. È una gioia che dura poco. Troppo. A cinque minuti dalla fine la Spagna è di nuovo in vantaggio. E stavolta non ci sarà più spazio per ulteriori colpi di scena. La gara di ritorno si gioca a dicembre. La cornice è quella dell’Estadio Benito Villamarín di Siviglia. Per volare all’Europeo le Furie Rosse avrebbero bisogno di qualcosa di più grande di un miracolo. Perché per agganciare l’Olanda capolista e superarla grazie alla differenza reti hanno bisogno di almeno 11 gol. Tutti si aspettano una partita svagata. Invece la Spagna inizia ad attaccare. Alla fine del primo tempo è in vantaggio per 3-1. Poi però succede qualcosa di imprevisto. La difesa di Malta non scricchiola, si dissolve. Carmel non tocca praticamente palla. Al triplice fischio il tabellone racconta una verità imbarazzante. I padroni di casa hanno vinto per 12-1. La Spagna vola in Francia, l’Olanda resta a casa. I dubbi diventano piuttosto ingombranti. Qualcuno parla apertamente di combine. Altri giurano addirittura che il portiere maltese sia stato comprato con una Mercedes. È una storia così strampalata che ognuno comincia a mettere in giro la propria versione della storia. Tanto che quella sfida decisa da 9 reti in 38 minuti diventerà per tutti la “Partita dei Limoni“.
Nel 2018 l’ex allenatore di Malta Victor Scerri ha raccontato la sua verità. “Un signore vestito di bianco ci aveva offerto un vassoio di limoni tagliati a metà – ha spigato nel reportage Fievre Maldini – I giocatori li avevano succhiati e poi si erano sentiti male, soffrendo di vertigini e forte debolezza. Avevo chiesto al medico se erano stati drogati perché avevano perso completamente. Non avevamo le prove, il caso sarebbe finito lì”. Buzu però ha raccontato qualcosa di molto diverso. “Eravamo arrivati con un giorno di ritardo, prendendo il treno delle dieci di sera e il campo non aveva la luce. Ci avevano messo in un pessimo albergo, davvero orrendo, che non aveva neanche un ristorante. Quindi per fare colazione ci dovevamo vestire da persone comuni in modo tale che non ci riconoscessero. Non eravamo riusciti a dormire per tutto il rumore che avevano fatto la notte prima”.
Il rumore intorno alla faccenda si spegne presto. Busuttil torna a giocare con il suo club. E lo trascina alla vittoria. Due scudetti, una Coppa di Malta e una Supercoppa Nazionale. Poi nell’estate del 1987 ecco che arriva la chiamata dall’Italia. Anche se non è esattamente quella che Carmel si aspettava. A offrirgli un contratto è infatti il Verbania Calcio, che gioca in Promozione. Buzu non ci pensa due volte e accetta subito. L’entusiasmo rischia di spegnersi quasi subito. Perché per via di una serie di problemi burocratici il giocatore potrà essere schierato solo a partire da novembre. “La sua condizione di nazionale maltese conferma le doti di questo ragazzo che da settembre ha saputo ben inserirsi conquistando amicizie e simpatie – dice il direttore sportivo Pedroli – Mi auguro che mantenga premesse e promesse a suon di gol”. Busuttil è lo straniero meno pagato dei campionati italiani. Il suo impatto però è eccellente. In 20 partite segna 8 reti. E regala anche qualche numero. Ma non gli basta. Carmel è ambizioso. Molto. Dopo aver segnato un gol alla Svizzera dice: “Il loro allenatore Daniel Jeandupeux si è complimentato con me e m’ha detto che potrei facilmente trovare un ingaggio in una delle squadre del loro massimo campionato. Ma io sarei anche felice di giocare in una squadra italiana di Serie B ed è per questo che voglio mettermi in luce qui a Verbania”.
La sua vita cambia una volta per tutte durante una partita con la Nazionale. Il 10 marzo del 1988 Malta disputa un’amichevole contro la Libia. Si gioca a Tripoli, nello stadio XI giugno. E quella notte Busuttil non se la dimenticherà mai. Il calcio c’entra poco. La Libia passa in vantaggio. Poi al 43esimo del primo tempo succede qualcosa di strano. “Improvvisamente s’è vista la folla di un settore aprirsi in due e poi richiudersi ondeggiando – ha raccontato a La Stampa – Sono passati pochi secondi e di nuovo abbiamo sentito urlare e visto il pubblico fendersi in due tronconi. In mezzo c’erano due uomini che credo avessero in mano dei coltelli, perché pareva manassero dei fendenti”. La realtà è ancora più spaventosa. “Due parapetti, alti circa un metro e mezzo ciascuno, hanno ceduto uno dopo l’altro e sono caduti per una lunghezza di una decina di metri sugli spettatori sottostanti – ha aggiunto – e coi parapetti cadevano di sotto anche grappoli di persone. È stato terrificante. Noi giocatori, libici e maltesi assieme, ci siamo raggruppati attorno alle panchine, mentre tra urla, singhiozzi e invocazioni, entravano in campo ambulanze e macchine civili. Caricavano frettolosamente morti e feriti e ripartivano”. Le autorità libiche parlano di due sole vittime, ma i testimoni giurano che i morti siano stati molto di più. Carmel non riuscirà più a togliersi quelle immagini dagli occhi. Lo seguiranno ovunque. Busseranno alla sua testa prima di ogni partita. Dopo un anno al Verbania Busuttil passerà ai belgi del Genk, fino a diventarne capitano. Poi tornerà a casa, al Sliema Wanderers, dove chiuderà una carriera a suo modo straordinaria. E che in un paio di occasioni è inciampata nella Storia.