“Schumacher? Una persona meno forte di quanto non apparisse, un pilota veloce e coraggioso. La prima volta che entrò nel mio ufficio, andò alla finestra e la chiuse. Io gli dissi ‘Cosa stai facendo?’ in inglese, lui rispose che non voleva respirare l’aria che che veniva da fuori. Ma fu anche il migliore per tre aspetti, perché fu il primo a introdurre una preparazione fisica scientifica, a saper sviluppare l’auto come Lauda e a vivere per il suo lavoro”. Al Teatro Sociale di Trento, Luca Cordero di Montezemolo è una fucina di aneddoti sul suo vissuto in Ferrari, di cui ne fu presidente dal 1991 al 2014. Intervenuto alla sesta edizione del Festival dello Sport, di scena fino a domenica nel capoluogo della provincia trentina, ha parlato a 360 gradi: dal sette volte iridato tedesco a Niki Lauda, da Enzo Ferrari a Gianni Agnelli e Jean Todt, “che venne a parlarmi in Ferrari con una Mercedes, un grave errore ma lo assunsi comunque”.
Montezemolo: “In Ferrari organizzazione anonima, la F1 di oggi mi piace”
Il successo di Maranello in F1 manca dal 2007 (il Mondiale Piloti) e dal 2008 (quello Costruttori). “Oggi in Ferrari esiste solo il team principal, Frédéric Vasseur, sotto c’è un’organizzazione anonima rispetto alle altre scuderie — commenta Montezemolo — Io creai un Dream Team dove c’erano chiarezza di obiettivi e i migliori uomini per raggiungerli. Negli Anni 70 contavo su Mauro Forghieri, Franco Rocchi e Giancarlo Bussi, negli Anni 90 su Jean Todt, Rory Byrne e Ross Brawn. Quello che è certo è che i risultati mancanti in pista non c’entrano nulla con i piloti: Sainz e Leclerc”. Mentre la nuova F1 di oggi — quella che vede come presidente Stefano Domenicali, che Montezemolo ebbe a Maranello — “ha una generazione di piloti molto forte come Verstappen e Piastri ed è un bene che sia appetibile negli Usa, ma le regole a volte sono troppo complicate e una Ferrari che oggi esulta per un terzo posto e non arriva a giocarsi il Mondiale all’ultima gara da tempo non va bene”.
Lauda l’amico caro, l’aneddoto con Gianni Agnelli a Suzuka
A Maranello Montezemolo arrivò nel 1973 come assistente di Enzo Ferrari, prima di dirigere la Squadra Corse tra il 1975 e il 1977: “Non fu facile per Enzo prendere uno come me che aveva 24-25 anni, in un’epoca dove i giovani avevano meno spazio rispetto a oggi — dice ancora — Quando vincemmo il Mondiale nel 2000 in Giappone con Schumi, l’ho immaginato in cielo contento per come conquistammo quel campionato, mentre Gianni Agnelli mi chiamò a tre giri dalla fine dicendo che era fatta. Io gli dissi di lasciarmi finire la gara”. Lauda fu “uno degli amici più cari, che sentii quattro giorni prima della morte (nel maggio 2019). Ci trovammo giovanissimi, io d.t. della Rossa e lui pilota della Brm. Con noi vinse due mondiali e ne perse uno per mezzo punto (nel 1976, anno del rogo al Nurburgring in cui subì gravi ustioni) — dice ancora — Durante un test a Maranello, si accorse dopo solo un giro che il setup della sua auto era diverso. Allora avevo detto agli ingegneri di fargli uno scherzo e di cambiare alcuni aspetti: lo notò subito”.
Le televisioni rotte durante i GP, il pianto di Schumacher nel 2009
Tra gli aneddoti ci sono anche “le tre televisioni che ruppi quando vedevo i Gran Premi — racconta Montezemolo — Li guardavo sempre da solo, non volevo nessuno. Ogni tanto accettavo mio figlio Matteo. Ne ruppi tre: uno quando Schumacher perse il Mondiale contro Villeneuve nel 1997, l’altro dopo il titolo perso da Massa a Interlagos e il terzo non ricordo”. Poi ancora Schumacher, quando nel 2009 venne chiamato per sostituire l’infortunato Massa, colpito da una molla alla testa nel GP d’Ungheria, staccatasi dalla Brawn GP dell’amico Barrichello: “Venne convinto dopo mezz’ora di tentativi. Provò al Mugello la monoposto 2007 e registrò buoni tempi, ma quando saliva sui cordoli sentiva dolore alle vertebre. Andò così a fare un controllo in Germania e mi chiamò la sera stessa piangendo come un bambino: il suo dottore gli aveva vietato di correre. Poi, con la voglia di tornare alle gare, venne portato in Mercedes dal nostro amico Brawn nel 2010”.
Calcio italiano “da riformare”. E i calciatori di oggi…
Tra i temi finali della chiacchierata c’è anche il calcio. Montezemolo pensa che quello italiano “abbia bisogno di una grande riforma, perché non andare al Mondiale per due volte è una sconfitta per tutto il sistema. E la Premier League è avanti per introiti, ascolti tv e qualità rispetto alla Serie A”. Mentre se si guarda al recente scandalo delle scommesse illegali, con alcuni giocatori della Nazionale coinvolti, Montezemolo afferma: “C’è una crisi di valori, ci sono ragazzi di vent’anni che guadagnano cifre enormi e non hanno nessun attaccamento alla maglia come ce l’avevano Rivera, Boniperti, Del Piero, Totti. Oggi ci sono solo i soldi, vanno dove mi danno di più. Ma è un problema che viene da lontano e investe anche le famiglie — conclude — in qualche caso pure le società”.