di Jakub Stanislaw Golebiewski
Mancano tre mesi alla fine dell’anno, è il momento dei bilanci. E’ sufficiente sfogliare un giornale, numeri e statistiche restituiscono un bilancio disarmante, un anno dove ha prevalso il tutti contro tutti. L’Italia è ormai ferma, su alcuni temi vuole anche indietreggiare, ne è testimone il manifesto populista di assoluta intolleranza all’umanità a firma vannacciana.
Intossicare, creare malcontento e inasprire l’umanità è pura strategia, meglio nota come tecnica della confusione o del caos; l’abitudine a seguire schemi di pensiero semplice e relazioni lineari di causa-effetto, comporta l’impossibilità, per gran parte delle persone, di tollerare situazioni di ambiguità senza cercarne la risoluzione. Insofferenza, intolleranza e rabbia sociale sono il risultato di tale strategia, di fatto il preludio al conflitto sociale, alla violenza, all’essere pericolosamente contro le regole, contro il buonsenso e anche contro la legge. Conseguenze catastrofiche: la linea già sottile che separa concettualmente la violenza dalla nonviolenza si assottiglia pericolosamente e, nella più totale confusione, attraverso un lento processo culturale di legittimazione, la violenza diventa sinonimo di nonviolenza.
Occupandomi di tutela di soggetti deboli, in particolare di genitori separati e figli vittime di violenza domestica, l’aria che si sta respirando in questi mesi è insostenibile, ovunque ci troviamo, per strada, in casa, a scuola o in un consultorio di un qualsiasi comune italiano. A cosa serve rafforzare il codice rosso quando la violenza domestica contro bambini e donne è ormai endemica, fa parte della cultura in un sistema sociale che non la combatte sapendo che “i violenti non dormono sotto il letto ma ti dormono accanto”? Ed ecco che la legge, già vista, rivista, personalizzata e oggi anche riabbellita si ferma sempre all’uscio di casa dei violenti ed “è devastante subire abusi fisici e psichici da qualcuno che ami, e pensi che quel sentimento sia ricambiato”; con queste parole, espresse durante il sentito intervento alla Camera sul ddL di potenziamento del Codice Rosso, la deputata M5S Daniela Morfino ha delimitato un importante perimetro sulle responsabilità politiche in tema di violenza.
Proviamo a dare un senso pratico a quanto sopra, sui rischi che incombono sulle famiglie, soprattutto quando le vittime di violenza sono innocenti bambini. Il 2023 si sta trasformando in un anno nefasto a causa dei numerosi casi di abusi, violenze, morti e sparizioni. Secondo i dati elaborati dal Servizio analisi criminale della polizia, nel 2021 in Italia sono stati segnalati oltre 6.000 casi di reati contro minori. Questo numero rappresenta un aumento dell’8% rispetto al 2020 (5.789 casi) e dell’89% (3.311 casi) rispetto al 2004. Il report sul sito del Viminale evidenzia inoltre che il 64% delle vittime di abusi sessuali sono bambine e ragazze. Inoltre, il numero di casi di violenza sessuale di gruppo è aumentato del 19% nel 2022 rispetto all’anno precedente. Non numeri, ma un vero bollettino di guerra.
La violenza è sempre il prodotto della notte della politica, di un tutto-è-permesso che addormenta la sensibilità civile e la responsabilità della ragione, così viene edulcorata anche da chi rappresenta le istituzioni. Questa storia, non tanto kafkiana, mostra in tutta la sua maestosità l’incoerenza politica che, nel tentare di rafforzare le misure di prevenzione alla violenza, la legittima per incapacità, schierando in prima linea operatori che mandano in fumo ogni pratico tentativo di lotta contro la violenza.