Migranti e aiuti all’Ucraina. Sono questi i due punti cruciali su cui la Polonia è chiamata a decidere alle politiche del 15 ottobre, che avranno un riverbero importante a Bruxelles. A sfidarsi sono il premier uscente Mateusz Morawiecki, esponente del Pis (Diritto e Giustizia) alla guida del Paese dal dicembre 2017 – che sottopone agli elettori anche quattro referendum considerati il suo asso nella manica per prevalere alle urne -, e il leader dell’opposizione Donald Tusk, ex primo ministro fra il 2007 e il 2014 e già presidente del Consiglio europeo, a capo di Piattaforma civica.
Secondo i sondaggi il Pis sarebbe in testa con il 35-37% delle preferenze, ma in calo rispetto all’ultima tornata elettorale, nella quale superò la barriera del 43% ottenendo la maggioranza assoluta grazie al premio di maggioranza per chi supera la soglia del 40%. Il partito di Tusk inseguirebbe a 6-7 punti di distanza, ma sarebbe in rimonta. Se queste previsioni fossero confermate, Morawiecki dovrebbe chiedere l’appoggio al partito di estrema destra e anti-Ue Konfederacja per tentare di formare un esecutivo. Tusk, dal canto suo, potrebbe puntare a una coalizione larga con i centristi dell’Alleanza della terza via e, qualora fosse necessario, eventualmente anche la Sinistra. Konfederacja, Alleanza della terza via e Sinistra mirano tutte a raggiungere il 10% dei consensi per avere più voce in capitolo possibile. Resta ancora alta la percentuale degli indecisi, stimata sopra il 30%, questo potrebbe rimescolare le carte in tavola in un senso o nell’altro.
In campo – come confermato dagli stessi leader – due visioni opposte rispetto alla guida del Paese. Morawiecki, alleato a livello europeo della premier Giorgia Meloni all’interno di Ecr, il partito dei Conservatori e Riformisti europei, porta avanti una linea dura sui migranti ed è contrario a una riforma del patto europeo che preveda la redistribuzione fra i Paesi dell’Unione. Ultimamente il primo ministro ha tirato il freno a mano anche per quanto concerne la guerra fra Russia e Ucraina. Dopo essere stato uno fra i più fedeli alleati di Kiev in funzione anti-russa, Morawiecki ha imposto il divieto di importazione del grano ucraino, una mossa per cercare di capitalizzare il voto degli agricoltori, e ha annunciato che la Polonia non fornirà più nuove armi all’Ucraina.
Tusk, storico esponente del Partito popolare europeo, di cui è stato anche presidente, ha invece organizzato la ‘Marcia di un milione di cuori” a Varsavia, nella quale centinaia di migliaia di bandiere polacche si sono mischiate a quelle dell’Unione europa. “Il gigante si è svegliato, vinceremo le elezioni“, ha assicurato Tusk ai suoi sostenitori, promettendo una Polonia “dialogante con l’Europa e il mondo, tollerante e rispettosa dello stato di diritto”. “Vogliono creare una nuova Lampedusa“, la dura risposta di Morawiecki, che ha invitato gli elettori a scegliere fra “la visione polacca di Jaroslaw Kaczynski“, il 74enne presidente del Pis e ‘padre’ della destra polacca, e “la visione tedesca di Donald Tusk“. Dopo la vittoria a inizio ottobre in Slovacchia del ‘social-populista’ Robert Fico, gli occhi dell’Europa sono ora puntati tutti su Varsavia.