La crisi a Gaza preoccupa il popolo palestinese e le organizzazioni umanitarie, mentre l’offensiva militare di Israele va avanti ormai da più di una settimana. Tel Aviv ha imposto un nuovo, durissimo blocco degli approvvigionamenti verso la Striscia, lasciando l’enclave a corto anche di acqua ed elettricità. Una situazione che, spiega a Ilfattoquotidiano.it Marta Lorenzo, direttrice per l’Europa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ai rifugiati palestinesi (Unrwa), rischia di trasformarsi presto in “una catastrofe umanitaria di vasta portata”.
L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione europea, Josep Borrell, ha dichiarato che il piano di evacuazione di Gaza proposto da Israele è “assolutamente impossibile da attuare”. Siete d’accordo?
Noi siamo un’organizzazione umanitaria, io rappresento l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi e quello che posso dire è che abbiamo un tremendo bisogno di corridoi umanitari. Ma quello che è importante è fermare l’assedio perché in questo momento le persone sono completamente a corto di beni primari, cibo e acqua. Ho parlato poco fa con i miei colleghi e mi hanno raccontato che anche i cooperanti ricollocati nel sud di Gaza stanno finendo l’acqua. In questo modo vedremo sempre più persone usare acqua contaminata, così la situazione si trasformerebbe in una catastrofe umanitaria. Dal momento in cui le persone iniziano a usare questa acqua avvelenata, perché il 90% dell’acqua a Gaza è inquinata, assisteremo a un altro tipo di crisi umanitaria che coinvolgerà la popolazione civile. Per questo i corridoi umanitari sono veramente importanti, abbiamo bisogno che vengano aperti il prima possibile. Inoltre, da quando è iniziata questa crisi, è impossibile portare beni dentro o fuori Gaza, quindi siamo a corto di rifornimenti.
State già lavorando all’apertura di questi corridoi?
No, noi lo stiamo chiedendo. Stiamo chiedendo l’accesso umanitario, stiamo chiedendo la protezione dei civili e stiamo chiedendo la fine dell’assedio. Con assedio intendo anche la mancanza di cibo, acqua, elettricità e carburante. Ciò che fa funzionare il sistema idrico a Gaza è l’elettricità, se tu non puoi pompare l’acqua nel sistema idrico, le persone non avranno accesso all’acqua potabile e quindi rischieranno di morire, soprattutto le categorie più vulnerabili come bambini e anziani. Un altro problema è il carburante: senza elettricità non può essere pompato e questo sarebbe un disastro.
Quante persone si stanno spostando al momento dal Nord al Sud della Striscia?
È estremamente difficile sapere quante persone si stanno spostando. Ciò che abbiamo detto è che le nostre strutture delle Nazioni Unite non sono più sicure ed è difficile dare i giusti avvertimenti alla popolazione civile, se stare nelle loro case, stare nelle nostre strutture o spostarsi verso Sud.
Avete anche i membri di Unrwa nel nord di Gaza. Sono sempre al lavoro? Stanno pensando di spostarsi verso Sud?
Loro sono ancora lì, nei centri dei due campi profughi e non siamo in grado di garantire la sicurezza di queste persone perché non siamo più certi del livello di sicurezza. Ovviamente abbiamo comunicato alle autorità israeliane dove si trovano questi centri, lo sanno da prima che questa crisi esplodesse. Non possiamo dire loro se rimanere nei rifugi o andare a sud perché nemmeno noi sappiamo qual è la soluzione migliore.
Sono circolate informazioni riguardo a raid israeliani che hanno colpito persone dirette verso il Sud di Gaza. potete confermare?
L’unica cosa che posso dirle è che siamo un’organizzazione umanitaria e non seguiamo ogni singolo incidente all’interno della Striscia. ma posso dirle cosa succede nei nostri rifugi: siamo totalmente sovraccarichi, oltre le nostre capacità. Stiamo accogliendo 500mila persone al riparo nelle nostre scuole, altre persone hanno raggiunto gli help center. È veramente molto caotico e non riusciamo a distribuire cibo e acqua. Abbiamo forniture limitate e fino a quando l’assedio di Gaza non sarà interrotto non riusciremo a distribuire i beni di prima necessità. La situazione è molto fluida, quindi è molto difficile capire chi si sta spostando, verso dove e quando.
Come sa, Israele sta chiedendo all’Egitto di aprire il valico di Rafah per far defluire le persone fuori dalla Striscia. Ma è possibile allestire un campo tendato in un luogo come il Sinai in un tempo così ristretto?
Credo sia ancora presto per riflettere su questo. Al momento ciò che conta è, prima di tutto, che le violenze cessino e, secondo, che le operazioni umanitarie a Gaza possano ripartire grazie alle forniture. prima che la crisi scoppiasse riuscivamo a distribuire cibo a mezzo milione di persone, adesso abbiamo dovuto interrompere queste operazioni. Dobbiamo tornare a fare il lavoro che adesso non riusciamo a svolgere.
Twitter: @GoldinLucrezia e @GianniRosini