Allentamento delle sanzioni sul petrolio in cambio di elezioni libere e democratiche. Sarebbero questi i termini di un accordo tra Stati Uniti e Venezuela, accordo svelato dal Washington Post che cita alcune fonti implicate nei negoziati. In sostanza, l’amministrazione Biden si impegnerebbe ad alleggerire alcune sanzioni sull’industria del petrolio venezuelana: ad esempio, potrebbe trattarsi di una licenza generale per l’agenzia petrolifera statale del Venezuela che le consenta di riprendere gli affari con Stati Uniti e altri paesi. In questo modo, Caracas otterrebbe un significativo miglioramento delle condizioni della propria economia, tornata a crescere nel 2022 dopo sette anni di recessione. In cambio, il presidente venezuelano Nicolas Maduro acconsentirebbe a indire per il 2024 elezioni presidenziali competitive, aperte ai media e monitorate a livello internazionale, rimuovendo il divieto che ad oggi impedisce ai leader dell’opposizione di candidarsi.

Secondo le due fonti citate dal Washington Post – rimaste anonime perché non autorizzate a discutere dei colloqui – l’accordo verrà firmato il 17 ottobre, durante un incontro alle Barbados tra funzionari del governo venezuelano ed esponenti dell’opposizione, alla presenza di funzionari statunitensi. Il vertice nel paese caraibico è stato inoltre confermato da un tweet dell’ambasciata norvegese in Messico. A promuovere i negoziati è stato infatti proprio il governo norvegese, che ha specificato come l’obiettivo di Maduro e della Piattaforma unitaria – la coalizione dei leader d’opposizione venezuelani – sia proprio quello di “raggiungere un accordo politico”. È comunque probabile che gli Stati Uniti inseriscano un limite di tempo, così da poter annullare l’alleggerimento delle sanzioni se Maduro non dovesse rispettare i termini dell’accordo. Peraltro non è ancora chiaro se il patto includerà anche il rilascio dei prigionieri politici detenuti in Venezuela, mentre sembra non contenere alcun piano per scongelare gli asset venezuelani bloccati negli Stati Uniti.

Il presunto accordo arriverebbe tra l’altro qualche giorno prima dell’incontro tra i partiti d’opposizione venezuelani che dovrebbe ufficializzare l’istituzione delle primarie per scegliere un candidato unitario contro Maduro. La favorita è María Corina Machado: allo stato attuale delle cose, però, non potrebbe candidarsi alle presidenziali, come del resto tutti gli altri leader d’opposizione, proprio in virtù del divieto imposto da Maduro. Divieto che all’epoca fu duramente condannato dagli Stati Uniti e che, adesso, potrebbe decadere.

Il patto tra Washington e Venezuela andrebbe dunque a modificare radicalmente i rapporti tra i due paesi, tesi da ormai molti anni e peggiorati con l’amministrazione Trump. Le sanzioni americane contro governo e cittadini del Venezuela risalgono infatti a più di quindici anni fa, all’epoca di Chavez e Bush, ma sono state notevolmente inasprite all’inizio del 2019, in seguito alla “illegittima” vittoria di Maduro nelle elezioni del 2018. L’amministrazione Trump, ad esempio, ha sanzionato la compagnia petrolifera statale venezuelana, la banca centrale e i principali funzionari del governo. Dopodiché, ha imposto un embargo economico più ampio, ha congelato le proprietà dei funzionari governativi negli Stati Uniti, ha bloccato gli affari degli americani con il governo di Caracas, ha chiuso il sistema finanziario statunitense al Venezuela, ha impedito a cittadini e imprese di acquistare debito venezuelano. Il tutto con l’obiettivo di provocare il collasso del Governo Maduro.

E tuttavia, dopo l’inizio della cosiddetta ‘operazione militare speciale’ in Ucraina funzionari dell’amministrazione Biden e del Governo di Maduro hanno ripreso i colloqui. Da un lato, infatti, il petrolio venezuelano è tornato a far gola in un contesto di crisi energetica provocata dalla guerra, dall’altro lato Maduro ha cominciato a incontrarsi con i leader dell’opposizione. La Casa Bianca ha dunque deciso di autorizzare Chevron, compagnia petrolifera statunitense con svariati interessi in Venezuela, a riprendere le proprie attività nel paese. Al contempo, ha concesso all’italiana Eni e alla spagnola Repsol di riprendere le esportazioni di greggio venezuelano verso l’Europa. Dopodiché, nell’ottobre del 2023 Washington ha annunciato la ripresa dei voli verso il Venezuela per rimpatriare migranti privi di documenti. Il presunto accordo svelato dal Washington Post sarebbe dunque solo l’ultimo esempio di un progressivo disgelo nelle relazioni tra i due paesi. Ma sarebbe anche, probabilmente, l’esempio più significativo.

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