A poco più di quattro mesi dall’assoluzione in appello dello psicoterapeuta, Claudio Foti la Procura generale di Bologna ricorre in Cassazione contro quel verdetto. Lo psicoterapeuta è imputato nel processo sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza. Il sostituto pg Massimiliano Rossi e la pm Valentina Salvi, secondo quanto riporta l’Ansa, hanno firmato 70 pagine contro il verdetto del 6 giugno. I reati contestati sono l’abuso di ufficio per l’affidamento del servizio di psicoterapia alla onlus di Foti, di lesioni psicologiche a un’adolescente. Secondo gli inquirenti quella sentenza di assoluzione è viziata da contraddittorietà e illogicità della motivazione e travisamento dei fatti per l’omessa valutazione di specifici elementi di prova.

Nell’assolvere Claudio Foti dall’accusa di concorso in abuso di ufficio per l’affidamento senza gara del servizio di psicoterapia della Val d’Enza Reggiana, la Corte di appello di Bologna non avrebbe considerato adeguatamente il contributo al sistema illecito dello psicoterapeuta imputato. Secondo i pg i giudici hanno infatti omesso di valutare i numerosi e singoli atti di indagine dai quali “in maniera chiara e inequivocabile” sono stati accertati i rapporti affaristici e di collusione tra Foti e i pubblici ufficiali della Val d’Enza almeno a partire dal 2015 e senza dubbio antecedenti all’apertura del centro ‘La Cura’ di Bibbiano. Foti in primo grado era stato condannato a 4 anni. A Reggio Emilia è in corso il processo in rito ordinario per 17 imputati.

Inoltre sempre secondo l’accusa, affermando che Foti, assolto per non aver commesso il fatto da questa imputazione, sia stato un “mero beneficiario” dell’illecito, la Corte non avrebbe tenuto conto del contributo di Foti attraverso la “triangolazione fittizia” di fatture, con fatture a persone che non avevano nulla a che fare con le prestazioni di psicoterapia. Per assolverlo poi dall’accusa di lesioni psicologiche a una sua paziente adolescente, la sentenza di appello si è fondata esclusivamente sulla lettura della consulenza tecnica depositata in fase di indagine e ha ignorato l’audizione dello stesso consulente nel processo in abbreviato.

La Corte, ritengono gli inquirenti, non ha attribuito inoltre rilevanza alle condotte poste in essere da Foti che, intervenendo sul già precario stato psichico della ragazza, non solo non avrebbe curato i sintomi, ma ne avrebbe definitivamente compromesso la salute mentale, inculcandole l’idea di essere stata vittima di abusi sessuali dal padre e che la madre non l’avrebbe protetta. Condotta protrattasi per tre anni, fino alla fine del 2018.

“Il ricorso per Cassazione non ci preoccupa. Certo stupisce e preoccupa questa insistenza da parte dell’accusa. La sentenza della Corte d’appello di Bologna ha fatto giustizia di una condanna priva di basi scientifiche e contro ogni logica” commenta il difensore di Foti, l’avvocato Luca Bauccio.”Claudio Foti – aggiunge il legale – è stato assolto sulla base della scienza e della giurisprudenza della Corte di Cassazione degli ultimi 50 anni. Non abbiamo dubbi che questi sacrosanti principi verranno confermati. Bisognerà rassegnarsi al tramonto della leggenda di Bibbiano. Questa indagine contro Claudio Foti nemmeno doveva nascere“.

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