Il consolidamento del patto con la Cina, il mantenimento dei canali di comunicazione (e soprattutto economici) con un pezzo d’Europa, l’infuocata crisi in Medio Oriente come grimaldello per rompere definitivamente l’isolamento internazionale. Se, sul fronte occidentale, c’è chi ha scommesso sul fatto che il capo del Cremlino e la stessa Russia – con la guerra in Ucraina – siano diventati “paria internazionali“, Vladimir Putin sembra mulinare ago e filo per ricucire i suoi rapporti con un pezzo di mondo. L’occasione è il forum sulla Via della Seta, a Pechino, prima missione della Russia a casa di una grande potenza dopo il mandato d’arresto firmato dalla Corte penale internazionale per presunti crimini di guerra in Ucraina. Putin è l’ospite d’onore del vertice sulla “Belt and Road Initiative” in programma oggi e domani nella capitale cinese. Mercoledì vedrà Xi Jinping in un bilaterale per rafforzare i legami bilaterali e un’amicizia personale “senza limiti” (i due si sono visti 40 volte in 10 anni). Mentre Putin porta avanti la sua missione all’estero la Duma ha approvato all’unanimità, in prima lettura, il disegno di legge per l’uscita della Russia dal Trattato per il bando complessivo delle armi nucleari: pochi giorni fa il presidente russo aveva sollevato la possibilità di poter sperimentare missili nucleari di nuova generazione. Il Trattato era stato varato nel 1996 ma non era mai entrato in vigore perché non lo avevano ratificato un numero sufficiente di Paesi con reattori commerciali o sperimentali, fra cui gli stessi Stati Uniti e Cina.

Gli osservatori si aspettano poche sorprese dal faccia a faccia tra Putin e Xi e l’incontro viene visto come un gesto simbolico di sostegno di Pechino a Mosca, ma sul tavolo ci saranno inevitabilmente anche i dossier che riguardano la dipendenza russa economica e diplomatica verso il Dragone. Oltre alla guerra contro l’Ucraina, tra i dossier nell’agenda dei due leader c’è anche il conflitto tra Israele e Hamas, su cui Putin punta molto per riguadagnare la “dignità” internazionale come mediatore, visti i rapporti vantati con i leader del mondo islamico. La Cina, come la Russia, ha un rapporto stretto con l’Iran, dove la leadership clericale sostiene sia Hamas sia Hezbollah, il gruppo militante libanese che potrebbe aprire un secondo fronte contro Israele. Quest’anno Pechino ha mediato un’intesa tra gli ex nemici regionali Iran e Arabia Saudita, tornati ad avere relazioni normali dopo un decennio di aspre tensioni. L’inviato speciale cinese Zhai Jun sarà in settimana in Medio Oriente per spingere per un cessate il fuoco e colloqui di pace, secondo quanto ha annunciato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi.

Tutto si tiene, insomma. A Pechino, tuttavia, Putin ha incontrato anche il premier ungherese Viktor Orbàn e sottolinea, quasi beffardamente, che le relazioni “con molti Paesi europei” vengono “mantenute e sviluppate” nonostante le sanzioni. Dall’altra parte Orbàn non si nega e anzi riconferma, con un post su facebook, che Budapest si chiede “se ci sarà un cessate il fuoco in Ucraina” e sostiene che “la cosa più importante è che l’ondata di rifugiati, le sanzioni e la guerra nel nostro Paese vicino finiscano“. Putin e Orbàn hanno parlato di cooperazione russo-ungherese su gas, petrolio, nucleare. La società statale russa per l’energia atomica Rosatom sta costruendo in Ungheria una centrale nucleare e Gazprom continua a “rispettare i contratti esistenti” come spiega lo stesso leader ungherese. L’Ungheria “cerca di salvare tutto ciò che può” nei rapporti con la Russia, ha spiegato Orbàn. Budapest, dice ancora, non ha mai voluto lo scontro con la Russia. Al contrario, il nostro obiettivo è sempre stato quello di stabilire ed espandere i contatti reciproci, e ci siamo riusciti. Tuttavia, a causa dell’operazione militare e delle sanzioni, le nostre relazioni hanno sofferto molto”.

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