Sono ancora commosso dall’intensa partecipazione di popolo alla manifestazione unitaria ad Acerra, svoltasi sabato, contro l’apertura della quarta linea del maxi inceneritore: la linea sarebbe in grado di portare la quantità incenerita dalle attuali 770mila tonnellate a circa 900mila tonnellate al giorno su 4 linee di incenerimento, con un incasso giornaliero per il gestore A2a non inferiore a 500mila euro al giorno. Ribadisco le considerazioni tecniche che rendono un olocausto sanitario tale ampliamento, mascherato da “ruota di scorta” per manutenzione degli altri tre “forni” di incenerimento già attivi dal 2009.
La Campania, oggi, in termini di percentuali di incenerimento per un totale di meno di 6 milioni di cittadini regionali, è terza in Italia con una percentuale di incenerito rsu pari al 28. 6 %, dietro soltanto alla Lombardia con il 39.6 % ed alla Emilia Romagna con 32,9%. L’inceneritore pro capite/annuo su base regionale è però ben 111 kg per la Campania, rispetto ai non oltre 99 kg della Lombardia e alla media nazionale di 90 (dati Ispra 2021). In questo dato di incenerimento rifiuti, quindi, la Campania (cioè Acerra) è già prima in Italia. Gli inceneritori per legge sono definiti “impianti insalubri di I classe” quindi in ogni caso sono impianti insalubri per il territorio che li ospita ed ovviamente la loro tossicità è direttamente correlata alla quantità di rifiuto incenerito in loco.
Ebbene, come ben si vede nella figura che si allega (ISPRA 2021) tale eccezionale quantità di incenerimento in Campania non è distribuita su 13 comuni (Lombardia) o su 9 Comuni (Emilia Romagna) ma è concentrata tutta in un solo e unico punto del territorio campano: Acerra, cittadina di circa 60mila abitanti. Acerra è stata ritenuta colpita da grave disastro ambientale per sversamento di rifiuti tossici dal governo Prodi sin da prima dell’attivazione del maxi inceneritore nel 2007 come confermato nel processo “Carosello” che ha portato alla condanna definitiva per tale disastro ambientale la ditta Pellini di Acerra che , in una piccola cittadina di circa 60mila abitanti è stata in grado di farsi sequestrare, come frutto delle sue attività di traffico illecito di rifiuti, ben 220 milioni di euro che ancora cercano di recuperare.
Acerra, a causa della scelta scellerata di dotarsi di una delle aree industriali comunali più estese di tutta la Campania, nonostante sia stata dotata da Dio di una delle terre più fertili di Europa, a partire dagli anni Sessanta, è ancora oggi sede di una notevole quantità di impianti altamente inquinanti sul proprio territorio cui buon ultimo si è aggiunto il più grande inceneritore di Italia. Nel giugno del 2007, quando ancora il maxi inceneritore non era attivo, ma Acerra era già stata colpita da disastro ambientale certificato per lo sversamento di rifiuti tossici del nord come Medici dell’Ambiente procedemmo ad eseguire a nostre spese (circa 6mila euro soltanto io) analisi individuali di diossina e pcb che confermarono in ben due giudizi legali il nesso di causalità tra inquinamento ambientale, cancro e la conseguente morte dei pastori Cannavacciuolo e del vigile ambientale Michele Liguori.
In un concitato Consiglio comunale di Acerra (giugno 2007), gli scienziati italiani presenti nominato dallo Stato si impegnarono a procedere ad un approfondito studio epidemiologico per accertare il reale stato di salute delle popolazione di Acerra: ci fu così “regalato” lo studio SEBIOREC (Studio epidemiologico Biomonitoraggio Regione Campania) finanziato con 2,5 milioni di euro.
Con estrema sorpresa e dolore, capimmo che, su ben 850 prelievi individuali fatti a cittadini campani, le analisi reali erano state soltanto 82 (!) perché eseguite mettendo insieme pool di dieci sieri! Un’autentica truffa epidemiologica in un territorio da studiare approfonditamente quando soltanto noi a spese nostre avevamo fatto circa 16 analisi individuali di diossina riuscendo ad ottenere cosi ben due giudizi legali favorevoli. Ovviamente tale studio “a pool di dieci sieri” non ha dimostrato alcuna variazione significativa nei soggetti analizzati e così da allora ad Acerra si continua a morire sempre di più con l’aggiunta anche del più grande inceneritore di Italia con il locale registro tumori in grado di produrre dati con circa da 5 a 7 anni di ritardo.
Ebbene, alla notizia dell’ennesimo ampliamento del maxi inceneritore da parte della Regione Campania l’intero popolo di Acerra si è ribellato, con la partecipazione convinta anche dell’attuale vescovo, monsignor Antonio Di Donna. Basta costruire impianti insalubri per la gestione di tutti i tipi di rifiuti campani solo e soltanto ad Acerra!
Beffa finale: oggi possiamo disporre di strumenti di diagnostica avanzata per lo studio del rischio tumori per danno diretto del dna (appena presentato il sistema HELIXAFE). Ci è stato riferito che i sieri degli 850 prelievi individuali fatti ai cittadini campani nel 2008 dallo studio SEBIOREC, e analizzati a pool di dieci, oggi utilissimi per uno studio serio di comparazione individuale di rischio come tempo zero di circa 15 anni ormai di maxi inceneritore, anziché essere gelosamente custoditi nelle bene attrezzate biobanche campane come quelle dell’IRCCS Pascale, sono stati buttati! Non si vogliono lasciare possibili prove di quanto i cittadini di Acerra sono colpiti in eccesso da tutte le patologie legate ad inquinamento ambientale, non certo da sindrome Nimby.